LA
GESTIONE DEI CONFLITTI E GLI STRUMENTI DA ATTIVARE IN CONSULENZA
La
prima Giornata di studio del 2013 si è svolta a Roma nell’incantevole cornice
del Santuario del Divino Amore, una meta frequentatissima da pellegrini di
tutto il mondo ed un contesto paesaggistico magnifico (che ha compensato in
parte le difficoltà di collegamento), ed in una struttura attrezzata e
confortevole.. Quantunque la partecipazione dei colleghi è stata straordinaria
ed ha superato tutti i record precedenti di presenza, abbiamo agevolmente
portato avanti i lavori del convegno, in una delle prime giornate primaverili
di quest’anno.
La
Presidente, dopo una doverosa informativa sullo stato attuale delle attività
poste in essere dall’Associazione in aderenza alle norme della legge 4/2013
(che pubblichiamo nell’articolo precedente), ha introdotto l’argomento ed il
relatore della Giornata.
LA GESTIONE CREATIVA DEI
CONFLITTI
Chi
di noi non ha mai avuto problemi e conflittualità in famiglia, a scuola, sul
lavoro, nel gruppo di amici o associativo? Perché il conflitto ha una parte
così preponderante nella nostra vita? Chi non si è chiesto come si può fare per
fuggire da tutta questa conflittualità che a vari livelli investe ogni giorno
la nostra sfera personale, sociale ma anche tutto il mondo? Cosa ci porta ad
accettare o rifiutare l’altro, a giudicarlo? Perché alcune persone tendono a
veder nemici ovunque? Nel corso della vita è probabile essersi chiesti il
perché le nostre relazioni in famiglia, sul lavoro, nel gruppo di amici non
siano particolarmente soddisfacenti, se non addirittura conflittuali, con una
conseguente perdita di fiducia nei rapporti che instauriamo. Quando le
differenze vengono fuori nelle coppie, in famiglia, nelle organizzazioni, nelle
comunità, la cultura è sempre presente formando le percezioni, gli
atteggiamenti, i comportamenti, e i risultati. Quando i gruppi culturali a cui
apparteniamo sono la maggioranza nella nostra comunità o nazione, ci rendiamo
conto di meno dei messaggi che ci inviano. La cultura che appartiene al gruppo
dominante spesso sembra “naturale“ o “normale“. Solitamente notiamo solo gli
effetti delle culture “diverse”, quando etichettiamo comportamenti che ci
sembrano “strani” e questo genera
pregiudizi, incomprensioni o rifiuto. Ad esempio, i conflitti fra coniugi o
partner sono spesso influenzati dalla
cultura di genere e dalla cultura di provenienza della famiglia d’origine, i
conflitti fra adolescenti e genitori sono regolati dalla cultura generazionale e quelli nelle organizzazioni spesso nascono
da tensioni che si sviluppano a partire da differenti culture comportamentali fra collaboratori, che creano una
comunicazione stentata o poco accurata e relazioni molto tese. Fra le capacità
dell’essere umano, la disposizione alla comunicazione è certamente la più
evidente e la più importante. Le nostre
relazioni interpersonali a tutti i livelli ci richiedono però sempre più la
capacità di accettare e gestire ciò che è diverso da noi stessi: persone,
valori, pensieri, culture. Questo inevitabilmente porta il conflitto in una
posizione centrale nella nostra esistenza. La parola conflitto continua ad
evocare nella nostra cultura concetti o immagini sgradevoli, rimandandoci allo
scontro, al contendere, all’aggressività e inevitabilmente alla violenza.
Abbiamo
bisogno di saperne di più e, quindi, lasciamo la parola al prof. Domenico
Simeone, docente dell’Università cattolica e Presidente del C.F..C., che ci
illustrerà, nella sua relazione, tutto ciò che dobbiamo sapere sul conflitto.
LA
GESTIONE DEI CONFLITTI
RELAZIONE DEL PROF.
DOMENICO SIMEONE
docente dell’Università Cattolica del Sacro
Cuore di Milano.
Nel
dichiararsi contento di partecipare ad un evento formativo così importante e
così partecipato, il prof. Simeone evidenzia che sono passati tre mesi
dall’entrata in vigore di una legge importante che finalmente disciplina
l’attività di tante persone che, con impegno e sacrificio, si dedicano agli
altri. Una norma che finalmente prende in considerazione la garanzia di chi
chiede aiuto, soffre e ha bisogno di sostegno, contrariamente a quella che è
stata la prassi normativa adottata finora, più orientata verso la tutela delle
professioni ‘riservate’ che degli utenti.
Ringrazia, quindi, con calore tutti coloro che
si sono dedicati e si dedicano alla relazione d’aiuto.
Passando
ad illustrare l’argomento della relazione, la gestione dei conflitti, il prof. Simeone
afferma che la prima cosa da fare è distinguere tra conflitto e violenza. Se la violenza
si traduce nella volontà di danneggiare intenzionalmente l’avversario e di risolvere il problema eliminando chi porta il problema
stesso; nel conflitto troviamo contrasto,
contrarietà, divergenza, opposizione, resistenza critica (senza
intenzioni di creare danno), ma con la possibilità di affrontare il problema (conflitto) mantenendo il rapporto.
Il conflitto, che dobbiamo considerare
un’opportunità, un elemento che ci segnala una situazione critica altrimenti
nascosta, si distingue in:
Conflitto
Interpersonale:
riguarda Area della conoscenza di sé, della capacità di riconoscere le emozioni e
i tasti dolenti personali e del confronto con le proprie aspettative interiori.
Conflitto
intrapersonale:
riguarda
l’area della negoziazione, la
capacità di esplicitare il conflitto latente, di ascolto e di comunicazione
assertiva, il riconoscimento dei bisogni propri e altrui, l’individuazione di
interessi comuni.
Conflitto
esterno:
investe l’area dell’offerta di aiuto (consulenza).
Consiste nell’assunzione
di una neutralità empatica come procedura di aiuto (collocarsi all’esterno del
conflitto) e nella capacità di condurre le persone verso una competenza - comprensione
operativa della situazione che stanno vivendo.
Conflitto
organizzativo:
riguarda l’area della coesione ed il saper
individuare il conflitto latente e trasformarlo in cambiamento, e strutturare
azioni nella logica della coesione – collaborazione (capacità di comunicare e
condividere i problemi in ambito organizzativo.
Il conflitto esterno è quello che più interessa chi
svolge l’attività di Consulenza perché è quello che si presenta con maggiore
frequenza. In queste occasioni è necessario porci all’esterno del conflitto.
Operazione difficile da fare a causa delle risonanze emotive interne e dei modi con cui utilizziamo le teorie di
riferimento per leggere la situazione. L’imparzialità nel conflitto è un
obbiettivo importante per il Consulente, perché il rischio è di allearsi
con una delle parti che, ai nostri
occhi, può avere più bisogno dell’altro di essere aiutato. La modalità empatica
di porsi di fronte al conflitto è la neutralità.
Le Strategie
per affrontare i conflitti e per risolverli sono molteplici e dipendono
dall’atteggiamento di chi si approccia ad essi. Possiamo indicare le seguenti
categorie:
-
La
Fuga difensiva (perdente-perdente)
-
L’Accomodamento
(perdente-vincente)
-
Il
Dominio (vincente-perdente)
-
Il
Compromesso (né vincente – né perdente)
-
L’Integrazione
(vincente – vincente)
Fuga
difensiva (perdente-perdente)
Evitare
i conflitti. Le persone rinunciano ai loro obiettivi e alle loro
relazioni, si mantengono lontane dagli argomenti che sono oggetto di
discussione e dalle persone con cui sono
in conflitto.
Credono che tentare di risolvere i conflitti sia
senza risultato e si sentono impotenti, convinte che sia più utile ritirarsi
(fisicamente e psicologicamente) dai conflitti che non affrontarli.
Quando in un gruppo prevale questo atteggiamento di
fuga o ritirata, e si tende a limitare l’attenzione a situazioni non
disturbanti, non tardano a emergere situazioni limitanti o negative.
A lungo
andare il costo di tale atteggiamento è la difficoltà di crescita e
maturazione, la difficoltà di responsabilizzazione.
L’Accomodamento
(perdente-vincente)
Rinunciare
ai propri obiettivi. Le persone considerano importanti le relazioni con
gli altri e tengono in minore considerazione i propri obiettivi. Vogliono
essere amate e accettate dagli altri.
Pensano che il conflitto debba essere evitato per
favorire l’armonia e sono convinte che i conflitti non possono essere gestiti
senza danneggiare le relazioni. Rinunciano pertanto ai propri obiettivi.
Grande è il prezzo che si paga quando emerge questo
atteggiamento. Per ottenere dei vantaggi secondari quali l’accettazione,
l’accoglienza, la valorizzazione non esitano a sacrificare i propri progetti e
alla autoaffermazione.
Dominio
(vincente-perdente)
Tendono a forzare la relazione cercando di imporsi.
I loro obiettivi personali sono considerati estremamente importanti, mentre
danno minore importanza alle relazioni.
Cercano di raggiungere i propri obiettivi ad ogni
costo e non importa loro di essere accettati dagli altri.
Pensano che i conflitti si risolvano con la vittoria
di uno dei contendenti. Cercano di vincere attaccando e intimidendo gli altri.
Fare
compromessi (né
vincente – né perdente)
Le persone cercano il compromesso, rinunciano a
parte dei loro obiettivi e convincono gli altri a fare lo stesso.
Esse cercano una soluzione al conflitto quando tutte
le parti possono guadagnare qualcosa.
Sono disposte a sacrificare parte dei loro obiettivi e delle relazioni per
ottenere un accordo che sia di comune vantaggio.
I compromessi, tuttavia, hanno un carattere
transitorio.
L’Integrazione
(vincente – vincente)
Le persone che adottano l’integrazione tengono in
grande considerazione i propri obiettivi e le relazioni. Considerano il
conflitto come un problema che deve essere risolto e cercano una soluzione che possa permettere il raggiungimento dei
propri scopi e di quegli degli altri.
Considerano i conflitti come elementi capaci di
migliorare le relazioni attraverso la riduzione della tensione tra le persone.
Quando si affrontano i conflitti adottando questo
stile, si imbocca la strada per giungere ad una soluzione.
I conflitti vengono risolti con la cooperazione e
non con la competizione.
La
difficoltà di affrontare cooperativamente i conflitti viene dal fatto che chi
vi è implicato ha una funzionalità psichica ridotta e aumenta l’autodifesa.
Essendo i conflitti carichi di emotività, si riduce cioè l’angolatura delle visuale oggettiva della realtà, la percezione diventa
sempre più selettiva, aumentano sempre più i pensieri negativi nei confronti
dell’altro. Per questo è importante conoscere una strada oggettiva da
percorrere, un metodo.
La
risoluzione cooperativa dei conflitti.
Il
riconoscimento.
Il primo passo è quello di riconoscere il conflitto,
di nominarlo e di dire di che tipo di conflitto si tratta. La domanda da farsi
è la seguente: dove sta il problema? E’ di natura relazionale? Sono interessi
discordanti? Sono percezioni differenti sulla stessa tematica?
In questo primo momento bisogna stare in modo preciso su ciò che è
osservabile, senza interpretazioni.
L’indugio.
Questa fase è necessaria per l’identificazione dei
fattori che entrano in gioco nel conflitto e si chiede di accettare il
conflitto evitando la collusione violenta o la repressione. Accettare di
“starci dentro” è la possibilità della comprensione che va al di là del
giudizio e diventa un momento di riflessione per cercare soluzioni adeguate.
Risponde a
queste domande: Quali avvenimenti concreti
e circostanze hanno portato al
comportamenti lo hanno preceduto? Quali sono state le conseguenze? Quali
fattori (emozionali, ideologici, relazionali…) aggravano il conflitto? Quale
comportamento (idea, sentimento) i partners del conflitto non sopportano più?
Anche in questa seconda fase bisogna assolutamente
evitare ogni giudizio e stare semplicemente all’osservazione ed enumerazione
oggettiva dei fattori.
La
comunicazione
E’ il momento in cui ci si pone in una logica di
decentramento emotivo (mettersi nei panni di…)
Comunicare nel conflitto è segno della forza di chi sa gestire le
tensioni. La comunicazione nel conflitto tiene ferma la necessità di vincere
insieme, di non umiliare e di non essere umiliati, è fondata sulla capacità
empatica e sull’ascolto attivo. “Non vi sono mai due persone che non si
capiscono, ci sono solo due persone che non hanno discusso”.
Comunicare implica la sospensione del giudizio, che
è proprio il contrario del giudicare, implica entrare in relazione e incanalare
lo scontro su un terreno dove possa
essere chiarito da entrambe le parti.
La
soluzione.
La ricerca della soluzione è la fase della
creatività che spezza il meccanismo della negazione reciproca per trovare nuove
vie capaci di suscitare
il consenso reciproco. Più le soluzioni sono varie, libere, spontanee e
ricche, meglio è. La loro validità dipende dalla loro oggettività, e non tutte sono oggettive.
Una volta scelta la soluzione, bisogna precisarle
nei singoli aspetti e definirle in modo operazionale, evitando il rischio delle
soluzioni vaghe e astratte.
Per
la soluzione cooperativa dei conflitti è necessario attivare alcune capacità.
Capacità di individuare il problema, di stare sul
problema ed evitare ogni forma di attacco alla persona.
Capacità di aspettare il momento giusto.
Cogliere le ragioni altrui.
Competenza a strutturare critiche costruttive.
Capacità di attivare strategie basate sulla ricerca
di interessi comuni.
Come
Creare un clima adatto alla negoziazione dei conflitti:
Comportarsi in modo da costruire una reciproca
fiducia;
Non giudicare, non etichettare l’altro, dimostrare
sincerità nella ricerca di una soluzione;
Usare espressioni di scusa e/o di complimento;
Informare gli altri componenti e fare domande per
ricevere informazioni;
Esprimersi in modo personalizzato (usando il pronome
“io”) per dare e comunicare informazioni o per esprimere propri interessi o
bisogni;
Chiedere all’altro di fare lo stesso e porre domande
che lo invitino chiaramente ad esprimere quali sono i suoi bisogni.
Come
identificare i problemi in discussione che generano un conflitto:
Esaminare i problemi cercando di scoprire quali
possono essere i bisogni comuni, al di là delle cose che sembrano mettere in
conflitto;
Ricerca libera di soluzioni;
Con libertà suggerire possibili soluzioni del
problema;
Proporre un brainstorming senza preoccuparsi di
valutare le proposte.
Come
scegliere una soluzione.
Rivedere le proposte di soluzione valutandole;
Cercare tra tutte le proposte quella che sembra più
promettente e in grado di soddisfare ambedue i contendenti completamente;
Stabilire comportamenti concreti per realizzare la
soluzione trovata;
Stabilire modalità di controllo o di revisione della
soluzione trovata.
Le
condizioni per avviare un negoziato:
Le parti devono “credere” di avere obiettivi contrastanti;
La comunicazione tra le parti deve essere possibile;
Ci deve essere la possibilità di soluzioni
intermedie e di compromessi;
Ci deve essere la possibilità di formulare offerte e
controfferte provvisorie;
Ci deve essere la possibilità di sottoscrivere un
accordo;
Una negoziazione è possibile se tutte le parti
coinvolte possono percepire un potenziale vantaggio dal negoziare con tutte le
altre.
Ostacoli
alla negoziazione
L’overconfidence: ovvero l’eccessiva fiducia nei
propri giudizi. In modo arbitrario si ritiene che le proprie valutazioni siano
corrette e le condotte efficaci;
L’assunzione della torta fissa: convinzione che le
risorse oggetto di trattativa siano irrimediabilmente insufficienti per un
accordo vantaggioso per tutte le parti;
Il conflitto illusorio: incapacità di accorgersi che
su alcune questioni negoziali gli interessi delle parti sono perfettamente
compatibili;
Il verificazionismo: tendenza ad affrontare la
ricerca di nuove informazioni guidati in realtà dal mero obiettivo di trovare
conferme alle proprie convinzioni costituite.
Domenico Simeone è nato a
Martina Franca (TA) nel 1963; nel 1987 si è laureato in psicologia presso
l’Università degli Studi di Padova; nel 1992 ha conseguito il Dottorato di
Ricerca in Pedagogia e Scienze dell’educazione presso la medesima Università.
Fino al 1998 ha svolto attività
clinica come psicologo e psicoterapeuta e si è occupato della formazione di
operatori sanitari ed educatori. Dal 1998 al 2005 è stato ricercatore di
Pedagogia generale presso la Facoltà di Scienze della Formazione
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia; attualmente è professore
ordinario di Pedagogia presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’Università
Cattolica del Sacro Cuore a Milano e a Brescia. Membro del Comitato Direttivo
del Centro Studi Pedagogici sulla Vita Matrimoniale e Familiare dell’Università
Cattolica, è Direttore della rivista Consultori Familiari Oggi, e scrive su
diverse Riviste scientifiche di pedagogia della Famiglia. E’ presidente della
Confederazione Italiana Consultori Familiari di ispirazione cristiana.
COME
TRASFORMARE I CONFLITTI IN OPPORTUNITA’
La Presidente ringrazia il prof. Simeone per la chiarezza dell’esposizione
e la approfondita disamina di un argomento tanto importante e, su queste basi
riprende il discorso sulla gestione creativa dei conflitti.
Perché il conflitto, che si svolge nell’ambito di una dimensione relazionale, può essere
visto come un elemento creativo, una risorsa all’interno
della costruzione di relazioni che non possono prescindere dal valorizzare la
diversità. Sembra
assurdo, ma per amarci, o soltanto convivere, bisogna anche discutere,
trattare, litigare e negoziare da posizioni diverse. L’importante è farlo in
chiave positiva.
Per arrivare
a questo è necessario però uscire dalla convinzione che per soddisfare i propri
bisogni sia necessario penalizzare qualcun altro, ed entrare in un gioco che
permetta a tutte le parti di uscire vincitrici (win-win). Imparare a
relazionarsi in modo costruttivo non significa quindi soltanto dotarsi di
“buone tecniche” comunicative, che ci permettano di padroneggiare razionalmente
le relazioni, ma significa soprattutto aprirsi
alla conoscenza e alla consapevolezza delle emozioni, dei sentimenti e di
tutti quei processi comunicativi che noi e gli altri attiviamo nelle relazioni.
Partendo
da questi presupposti possiamo affermare che vivere e gestire i conflitti è uno
spazio privilegiato per apprendere l’arte della convivenza ecologica e
pacifica. Se la pace è stata considerata antitetica rispetto al conflitto e
dunque il conflitto visto come guerra, un modo nuovo per affrontare la
possibilità di una pace è ristrutturare la stessa concezione di
pace. La proposta è quindi di accettare che il concetto di pace contenga in
sé quello di conflitto, in quanto permette di mantenere la relazione anche
nella divergenza.
Chi è senza peccato
scagli la prima pietra! E’ l’invito che ci
suggerisce di riflettere sempre prima di avventurarci in scontri unilaterali
senza aver preso in considerazione anche le ragioni dell’altro, dell’antagonista”. Nella
valorizzazione delle diversità attiviamo processi di riconoscimento, di
differenziazione e conoscenza reciproca dove ognuno diventa punto di confronto
e di stimolo all’ampliamento e arricchimento delle personali conoscenze. Siamo tutti chiamati,
come persone e come consulenti familiari a gestire, risolvere e possibilmente
prevenire i conflitti con gli altri attraverso un processo circolare che nella
consulenza familiare passa dai seguenti punti:
Fase 1. Ascoltare empaticamente e accogliere totalmente le persone che portano un
conflitto : la sofferenza soggettiva nel conflitto è una questione molto
importante e la consulenza familiare crea uno spazio ed un tempo di ascolto
della ferita, di accoglienza degli intensi vissuti emotivi legati al conflitto
che generano confusione, invischiamento,
posizioni opposte. La gestione dei conflitti, inoltre, metterà in evidenza
attitudini negative e immagini che le parti in conflitto hanno l’una
dell’altra. Se questi elementi non sono riconosciuti e prese in carico, possono
portare a un comportamento discriminatorio e a un aumento della tensione e
dell’animosità tra le parti.
Le emozioni in gioco sono:
I
ricercatori Sylvan Tomkins, Paul Ekman e Plutchik propongono otto emozioni
primarie: paura, sorpresa, tristezza,
disgusto, rabbia, anticipazione
– attesa , gioia, consenso -assenso. Secondo questa teoria le otto emozioni fondamentali sono contigue
su un cerchio diviso in otto spicchi e, come dei colori, nel mescolarsi ne
provocano di nuove. Due spicchi contigui
provocano una diade. Le diadi possono essere:
·
primarie = miscela formata da due emozioni adiacenti o
contigue, ad es. l’allarme è il risultato di paura e sorpresa; l’amore o
l’amicizia derivano dalla fusione della gioia e dell’accettazione.
· secondarie = miscela formata da due
emozioni separate da uno spicchio appartenente ad un'altra emozione ad es. il
senso di colpa è il risultato di gioia e paura; il risentimento è la fusione di
tristezza e paura.
· terziarie = miscela formata da due
emozioni separate da due spicchi appartenenti ad altre due emozioni ad es .
l’ansia è la fusione di paura ed anticipazione; la delizia è la fusione di
gioia e sorpresa.
Due
emozioni contigue si fondono facilmente a differenza di due non adiacenti che
si fondono in modo imperfetto generando un conflitto.
Le dimensioni, gli atteggiamenti e le immagini rilevanti da tener
presente in consulenza familiare nelle dinamiche del conflitto sono:
• Pregiudizio :un’opinione
su qualcosa, qualcuno o un gruppo costruita in anticipo senza buona o
sufficiente conoscenza o esperienza.
• Stereotipo:
un’immagine generalizzata creata quando il pregiudizio nei confronti di una
persona o di un particolare gruppo è cosi semplificato che si vedono tutti i
membri di quel gruppo condividere gli stessi tratti.
• Discriminazione:
un comportamento negativo che deriva dai pregiudizi e dagli stereotipi contro
una persona, un particolare gruppo o gruppi. Discriminare socialmente vuol dire
fare delle distinzioni tra persone sulla base della classe di appartenenza o
della categoria senza riguardo per i meriti individuali.
• Cancellazione:
Quando non si menziona affatto che esista un problema.
• Distorsione:
Non ritenersi responsabili del problema, perché lo si attribuisce a cause
esterne.
• Generalizzazione: Dire
all'interlocutore frasi del tipo “Sei sempre il solito…” “Tu non vieni mai”
ecc… generalizzando comportamenti che magari l'altro non sempre manifesta.
• Distrazione: Iniziare
una rissa, guardare troppa TV, impegnarsi eccessivamente in varie
attività, iniziare un”affair” sentimentale,
fuggire ecc… sono tutti esempi di questa strategia.
• Finzione: Fingere
sentimenti che non si provano per evitare di avvertire quelli che si sentono
veramente (la rabbia ad es. è un'
emozione che spesso sostituisce il dolore).
• Negazione: Non
sentire nulla e non sapere nulla a proposito di ciò che comunica
l'interlocutore.
• Distanziamento: Prendere
le distanze dal problema, essere mentalmente “altrove” .
• Acting out. L'acting
out consiste nel rompere oggetti, percuotere qualcuno, correre via o
addirittura compiere azioni per le quali ci possono essere sanzioni penali.
Fase 2. Aiutare l’esplicitazione e la narrazione: il
conflitto è spesso caratterizzato dal
non detto: una dimensione che blocca la comunicazione e che nasconde le
radici profonde della controversia. Compito della consulenza è far emergere gli
impliciti ridefinendo il problema, i soggetti coinvolti, i luoghi ed i tempi,
gli interessi in gioco, gli eventuali esiti. L’esplicitazione e la narrazione
consentono di individuare il problema nelle sue sfumature, andando al di là
delle apparenze.
Fase 3. Prendersi
tempo e Ideare soluzioni : L’attesa e la rielaborazione sono momenti maieutici, durante la
consulenza familiare ,di gestione delle emozioni e dei vissuti.
Bisogna prendersi il tempo per l’elaborazione dei vissuti emotivi che il conflitto provoca. In
consulenza dobbiamo aiutare a passare dalla logica dell’azione-reazione ad una
logica di attesa e narrazione decantatrice (riflessione, ricerca della giusta
distanza ed attivazione, di risorse creative più adeguate e mediate) e della
ideazione progettazione di soluzioni partendo dai punti che le persone hanno in
comune.
4. Ricercare insieme
una soluzione possibile: La gestione del conflitto
non è la ricerca della soluzione “tout court”. Sappiamo bene che non esistono
ricette preconfezionate valide per tutti, soprattutto se a darle è qualcuno
diverso da chi è dentro al conflitto. La consulenza familiare ricerca non la
soluzione tecnica ma un esito possibile, non violento e sostenibile del conflitto da parte della
persona ( della coppia o gruppo) che ne è portatrice, richiede l’ accoglienza
dei vari punti di vista e le ragioni degli attori in gioco, l’assunzione di
responsabilità circa una comunicazione efficace ed assertiva, impegni concreti
e specifici alla situazione che siano verificabili nel tempo.
Schema tratto dal libro di Pat Pathfort : Costruire la non violenza
Lista di
verifica dell’equilibrio del Consulente Familiare nella gestione dei conflitti
• Distaccarsi
emotivamente dalla
spirale negativa di attacchi e contro-attacchi di cui un conflitto e spesso
costituito.
•
Rimanere focalizzati sui veri
obiettivi della consulenza. Spesso
nei conflitti si perde di mira il problema vero, e si divaga in una spirale
senza fine di recriminazioni particolarmente distruttive. E' bene invece
rimanere focalizzati sul problema che causa il conflitto e lavorare insieme
alla sua soluzione.
•
Accertarsi dei diversi punti di vista e assicurare che siano rappresentati in maniera rispettosa e accurata
•
Evitare di diventare sostenitore di una delle parti
•
Tenere ben presente il contesto nel quale questi
punti di vista vivono.
•
Essere cauti nel non creare un falso equilibrio
AIUTARE LE
PERSONE COINVOLTE IN UN CONFLITTO A
·
Non attaccare la
persona ma il problema;
·
Non cercare di
vincere facendo perdere l'altro, ma vincere insieme a lui/lei (win-win) ;
·
Non cercare di
dominare, intimidire o manipolare, ma discutere in modo diretto, onesto ed
assertivo.;
·
Non cercare
nascostamente di bloccare il processo di risoluzione dei problemi, ma farli
affiorare in modo che siano risolti in modo collaborativo.
·
Non concentrarsi solo
sulle proprie necessità senza tenere in considerazione quelle degli altri.
·
Cercare di vedere il mondo con gli occhi dell'altro,
ascoltandolo attivamente ed empaticamente
· Immaginare il proprio
interlocutore coinvolto nel conflitto come un potenziale alleato.
·
Ascoltare l’altro e sottolineare tutto ciò con cui siamo d'accordo
·
Riconoscere i propri errori e scusarsene
· Riformulare i pensieri,
sentimenti, emozioni e punti di vista
dell'altro, prima di esprimere i propri.
·
Formulare delle richieste specifiche
·
Concentrarsi su obiettivi positivi per il presente ed il futuro.
La presidente ha guidato poi una fase di autoa*scolto
in cui i partecipanti hanno preso contatto con il proprio concetto di conflitto
e di come ognuno lo immagina e lo definisce, e di come ci atteggiamo quando ci
troviamo di fronte ad uno di essi, quali riflessioni, considerazioni e
strategie adottiamo per affrontarlo e risolverlo.
L’autoascolto è stato facilitato dall’uso di una
scheda appositamente preparata:
SCHEDA DI AUTOASCOLTO
Spunti di riflessione sulla relazione con
te stesso
|
Le tue osservazioni
|
cos’è per
me il conflitto?
|
|
come mi
realizzo nel conflitto?
|
|
Qual’ è per
me la migliore gestione del conflitto?
|
|
quali sono
le difficoltà che incontro quando cerco di trasformare il mio modo di
comportarmi nei conflitti?
|
|
Rifletti su cosa puoi fare per incrementare il tuo
livello di consapevolezza riguardo la gestione creativa del conflitto
|
|
Spunti di riflessione sulle relazioni con
gli altri
|
|
Coppia:
Quali sono gli elementi di conflitto che sono più manifesti?
Descriveresti il modo di gestire il conflitto in termini distruttivi o costruttivi? Quale
clima riscontri più di frequente? ( aperto – chiuso)
|
|
Famiglia
Quali sono gli elementi di conflitto che sono più
manifesti?
Descriveresti il modo di gestire il conflitto in termini
distruttivi o costruttivi? Quale
clima riscontri più di frequente? ( aperto – chiuso)
|
|
Gruppo sociale
Quali sono gli elementi di conflitto che sono più
manifesti?
Descriveresti il modo di gestire il conflitto in termini
distruttivi o costruttivi? Quale clima riscontri più di
frequente? ( aperto – chiuso)
|
|
Rifletti su cosa puoi fare per
incrementare il livello di
consapevolezza all'interno della coppia, della tua famiglia o del tuo gruppo
sociale o lavorativo, riguardo alla gestione costruttiva del conflitto
|
I LAVORI DI GRUPPO
Dopo la fase di autoascolto sono stati formati i
gruppi di lavoro per la parte esperienziale della Giornata di studio. I
partecipanti sono stati divisi in otto gruppi per esaminare ed analizzare tre
casi di conflitto riferiti ad una coppia, una famiglia e una persona. Ad ogni
partecipante è stata consegnata una scheda di osservazione per
individuare meglio le parti distruttive e costruttive del conflitto, e sono
stati invitati ad utilizzarla non solo nell’analisi della dinamica del caso per
l’esercitazione, ma anche come strumento di lavoro, in tutti i casi in cui ci
troviamo di fronte a un conflitto.
La scheda, che pubblichiamo in fondo a questo
articolo, è uno strumento operativo elaborato dall’AICCeF e può essere
utilizzato solo dagli iscritti all’Associazione.
Può essere, inoltre, scaricata dal sito www.aiccef.it, nell’area riservata ai soci.
PRIMO
CASO: CONFLITTO DI COPPIA
Si
presenta in consulenza una giovane coppia trentenne, sposata da due anni e
senza figli. Abitano in città da diversi anni, ma sono originari di due paesi
del centro nord. Il marito, che ha chiesto l’appuntamento per la coppia appare
una persona aperta, sorridente e disarmante, e introduce dicendo che il
problema più importante è che attualmente è disoccupato, perché è andata male
un’attività autonoma che esercitava fino a sei mesi prima ( anche per colpa sua,
confessa), e non è riuscito a mantenere un lavoro dipendente trovato subito
dopo, perché non gli piaceva.
La
moglie, carattere deciso con molto senso del dovere, che insegna, fa lezioni
private e manda avanti la casa, vede nel marito una persona non affidabile, con
scarsa volontà e decisione. Non si ricorda le cose da fare, connesse al suo
lavoro, chiede mille consigli per prendere decisioni ,anche non importanti. Lei
vorrebbe che fosse meno pigro e rinunciatario, che fosse più attivo. Non lo
vede un uomo responsabile, anche nella prospettiva futura di un figlio. Lei è
venuta in consulenza con emozioni di rabbia e di delusione per la situazione in
cui si trovano. Lui con la voglia di ricucire le crepe del loro rapporto e di
migliorare la comunicazione tra di loro.
In
questo periodo in cui il marito non lavora, rimane a casa e dichiara di
svolgere i lavori domestici, domandando
sempre alla moglie cosa può fare, e si meraviglia del fatto che le cose
che fa non sono mai fatte bene. La moglie, che la mattina esce presto e torna
tardi, vorrebbe trovare il letto rifatto e la cena pronta, ma si lamenta che
deve rifare le cose da capo a causa della sua imprecisione e delle sue
dimenticanze. Litigano spesso su sciocchezze.
Nell’ultimo
incontro la moglie racconta che intorno al 20 dicembre scorso, hanno litigato
per l’ennesima volta sulla organizzazione del Natale. L’idea era di invitare i
rispettivi genitori a casa loro per passare insieme le feste. Allora lei ha deciso che non se ne faceva più
niente e che loro due avrebbero passato le feste di natale separati, ognuno a
casa dei propri genitori. E’ stata irremovibile, senza badare alle proteste di
lui. Così il giorno dopo sono partiti per raggiungere le proprie famiglie
d’origine e sono ritornati dopo una settimana …
.
GRUPPO N.1.
Claudia Monti e Ferdinanda
Bonocore
Nel
brain storming che il gruppo ha effettuato all’inizio, la scheda di
osservazione ci ha fatto da guida. Ogni consulente ha dato la propria lettura
dei comportamenti ma anche dei bisogni evidenti.
Ognuno
di noi ha dato con grande impegno il proprio contributo, ci avvicinavamo,
cambiavamo posto per sentire meglio (c’erano altri due gruppi di lavoro nella
grande sala ) tutti protesi e centrati, e la difficoltà di ascolto ha reso più
faticoso il lavoro
Abbiamo
raccolto in modo sintetico gli
indicatori che avevamo individuato ed ipotizzato strategie consulenziali per aiutare a ridurre gli elementi
distruttivi e incrementare quelli costruttivi.
Memori dei suggerimenti forniti dalla magistrale relazione del prof.
Domenico Simeone: “sviluppare l’abilità a parlare dei comportamenti (azioni osservabili) senza giudicare le
persone”, abbiamo lavorato nell’individuare esclusivamente la descrizione del comportamento
distruttivo e costruttivo che potesse costituire la base oggettiva del
conflitto della coppia e togliere quelle affermazioni che potessero contenere
elementi interpretativi o di giudizio sulla persona (evitando meccanismi di identificazione e/o di alleanza).
Le strategie
consulenziali che sono emerse dal gruppo sono state in sequenza :
-
Lavorare sulla comunicazione facendo rispettare
la turnazione nel dialogo in modo che entrambi si ascoltino con l’aiuto della
riformulazione ( feed back del consulente )
-
Lavorare
sul sentire e contattare sensazioni
e sentimenti inespressi (metodologia del SOSIA per chi conosce questo tipo di
approccio consulenziale in analisi transazionale integrativa) e Ascolto Attivo
nella restituzione del consulente.
-
Rilevare
aspetti e positività comuni mediante rinforzo positivo con atteggiamento
neutrale ed empatico (“entrambi siete
OK, collocarsi all’esterno del conflitto”).
-
Aiutare
a dare strumenti sulla comunicazione per sviluppare la possibilità della relazione (suggerimenti operativi: evitare le
frasi con “ tu sei…, tu devi…” che toccano la persona e compromettono la
relazione) in modo che entrambi esplicitino i sentimenti provati nei comportamenti
inadeguati e le conseguenze“. Conduzione
delle persone verso la comprensione della situazione che stanno vivendo “.
-
Aiutare
l’espressione dei bisogni ed esigenze connesse, che sono alla base del
conflitto.
-
Formulazione
del contratto in base alla scelta
dell’obiettivo prioritario e condiviso.
-
Aiutare
a strutturare azioni “nella logica
della coesione, collaborazione” da effettuare per il raggiungimento
dell’obiettivo e trasformare così il conflitto in cambiamento.
GRUPPO N.2
Maurizio Qualiano e MariaAssunta Sforna
Per
prima cosa i componenti del gruppo hanno risposto ad una semplice domanda in un
rapido brainstorming: Cosa è per te il
conflitto? Risposte:
Palestra
di vita
Relazione
costruttiva
Accettazione
dell’altro
Atteggiamento
vitale
Possibilità
di crescita
Relazione
Incontro-scontro-confronto
Disarmonia
Possibilità
di incontro profondo
Pericolopportunità
Barriera
Scocciatura-opportunità
Fatica
Energia-Vulcano
Rischio-Coinvolgimento
Ostacolo-interiorità
Scontro-finestra
Difficoltà
ad esprimere emozioni
Strada
tortuosa che apre al cammino
Diversità-possibilità
Bisticcio
che sfocia nel rispetto delle differenze
Rischio-Opportunità.
Esaminando,
poi, i comportamenti del conflitto
abbiamo individuato i seguenti elementi distruttivi:
nella coppia: una sorta di circolarità viziosa di
comportamenti vittima/carnefice, un’assenza totale della dialettica io/noi, una
fuga reciproca e contemporaneamente una marcata complicità nella
conflittualità;
in lei: un dominio tenacemente affermato ed
una svalutazione aperta di lui, con un approccio IO OK-TU NON OK;
in lui: una passività vittimistica che lo
porta ad evitare ogni conflitto ed a ricercare l’accomodamento in una posizione
IO NON OK-TU OK. Di lui ha colpito molto la descrizione di persona
“disarmante”, che ha posto al gruppo parecchi interrogativi.
Gli
elementi costruttivi del conflitto e la ricerca della cooperazione li abbiamo
trovati:
in lei: la volontà di fare qualcosa, dare una
scossa e decidere di separarsi temporaneamente;
in lui: l’iniziativa di venire in consulenza
e la voglia di ricucire le crepe del rapporto;
nella coppia: sono tornati insieme in consulenza
dopo la separazione natalizia…
Nel
campo degli strumenti e delle strategie
da utilizzare abbiamo individuato:
-attenzione
al non verbale con cui si sono ri presentati in consulenza ed alle emozioni
provate nel periodo di separazione;
-ascolto
attivo e riformulazione reciproca dei vissuti per abbassare l’ansia e
migliorare la comunicazione;
-approfondire
la storia dei singoli per esternarne i bisogni e le aspettative e far prendere
contatto con emozioni e sentimenti;
-aiutarli
a ridefinire la loro relazione nella consapevolezza del qui ed ora.
GRUPPO N.3
Rosalba Fanelli con Antonella Parisi.
Il
gruppo, di cui fanno parte 16 persone provenienti da varie Regioni, esamina
prima i profili dei clienti e poi si concentra sulla strategia di coppia..
Profilo del marito
A
chiedere aiuto è il marito, che si assume la colpa della situazione in cui si
trovano. Appare persona aperta,
sorridente, Insicuro, incapace di tenere l’impegno di un lavoro. E’ in
posizione IO NON OK-TU OK. L’atteggiamento è quello del Bambino. Sembra aperto
al cambiamento. Aspettative: Ricucire
le crepe del loro rapporto e di migliorare la comunicazione tra di loro.
Profilo della moglie
Iperattiva, grande lavoratrice, rigida,
svalutante, tendente al controllo, chiusa, in posizione IO OK-TU NON OK, sembra
nascondere un profondo dolore e rabbia. (atteggiamento Genitore). Riferisce che
litigano su delle sciocchezze e sulle decisioni da prendere in comune, ad es.
come ospitare i rispettivi genitori in casa loro per le feste natalizie e che
non avendo trovato un accordo le hanno trascorse ognuno con i propri genitori. Aspettative: Che il marito sia meno pigro,
e rinunciatario, più attivo…
La coppia
Il
soggetto di cui dobbiamo occuparci è la coppia ed è ad essa che va rivolta
l’attenzione e l’ascolto attivo. Per capire quali siano i motivi che li hanno
condotti in Consultorio e che cosa si aspettano. Abbiamo ascoltato le singole
storie, i bisogni, le aspettative le emozioni individuali, poi ci concentriamo
sul come e perché si sono scelti e quali emozioni hanno provato in partenza,
senza sconfinare nel campo terapeutico. Adottando la tecnica del SOSIA, si spingono
i due soggetti a raccontarsi. Questo aumenta la loro consapevolezza e fa
proiettare il problema nel momento presente, attivando la loro specifica
modalità di comunicazione, in vista di un cambiamento.
E’
necessario aiutare i due a contattare il punto di vista dell’altro per
comprenderlo e prendersene cura. Bisogna far sì che le loro parole vengano
indirizzate non al consulente ma al partner. Incoraggiando la comunicazione e
sottolineando i punti di forza, e sostenendoli nell’acquisto dell’autostima, necessaria
al dialogo adulto.
Volutamente,
essendo il primo colloquio, non si è indagato su i rapporti con le famiglie di
origine e quale influenza esse abbiano sulla coppia, cercando invece di
facilitare un rapporto comunicativo tra di loro e dirsi le cose di cui ciascuno
ha bisogno.
(Molto
interessante la reazione di un
componente il nostro gruppo: nell’affrontare questo caso ha provato una
forte emozione perché in famiglia sta vivendo una storia simile. Avverte un
conflitto. Se gli si presentasse nella realtà un caso simile dovrebbe ben valutare se continuare o no l’ascolto,
per non proiettare su di esso il proprio vissuto. Riguardo questa circostanza è
stato detto che è opportuno passare mano quando si sta vivendo un problema
simile).
Far
prendere alla coppia coscienza dei propri limiti e sentimenti li aiuterebbe a
porsi al di fuori delle parti, a sospendere il giudizio, permettendo la libera
espressione dei due ed un vero contatto fra loro ed il consulente.
SECONDO CASO: CONFLITTO
IN FAMIGLIA
La
consulenza viene richiesta da due coniugi lei di 52 anni impiegata di banca ,
lui di 56 anni architetto senza lavoro, genitori adottivi di un maschio di 24
anni e una femmina di 20, per gestire la forte conflittualità con la figlia
relativamente alle regole da rispettare in famiglia.
Durante i primi tre incontri i coniugi descrivono la loro situazione familiare,
in cui lei va al lavoro e lui fa il “casalingo” e si occupa della gestione
della casa (visto che è senza lavoro). I figli sono stati presi in affidamento
quando erano molto piccoli e successivamente adottati. Il maschio ha una
sindrome autistica e beneficia di una pensione sociale (considerato invalido
all’80%), mentre la femmina, di origine etiope, è molto bella, intelligente e
creativa e ha finito le scuole superiori di indirizzo artistico; ora segue a
Milano una volta al mese degli stage per truccatrice. Lui si lamenta del fatto
che la figlia non rispetta gli orari dei pasti, si alza tardi, poiché spesso fa
tardi la sera in discoteca o con le amiche, non collabora in casa nelle
faccende domestiche e si dichiara stanco
di mantenerla perché è viziata e fannullona. E’ molto arrabbiato anche con la
moglie perché tende a difenderla, e questo lo fa sentire solo e svalutato agli
occhi della figlia. Lei, pur riconoscendo che la figlia non sempre collabora e
rispetta gli orari, trova il
comportamento del marito eccessivamente severo: è arrivato a mettere un
cancello di ferro alla porta della cucina, che chiude a chiave se la ragazza
non si presenta a colazione, pranzo e cena all’orario da lui stabilito. Non
condivide questo atteggiamento del marito, che le sembra un “regime da caserma”
che costringe la figlia a farsi ospitare spesso dalle amiche pur di non
sottostare a questo clima di tensione. Vorrebbe un po’ di tenerezza invece di
tutti questi giudizi, tenendo conto anche del vissuto di abbandono che entrambi
i figli hanno avuto nell’infanzia, crede che con la dolcezza unita alla
fermezza si possa dialogare e si lamenta del fatto che le viene chiesto costantemente
di scegliere tra lui e la figlia a cui ammette di essere molto legata
affermando: “ la sua presenza mi scalda il cuore”. La signora spesso si trova a
far da intermediaria tra padre e figlia, che in questo momento non si parlano,
e per questo motivo sono venuti in consulenza: lei con qualche speranza di via
d’uscita e lui molto scettico e scoraggiato. La consulente familiare nel
riformulare il loro vissuto evidenzia che entrambi rimangono su posizioni
diametralmente opposte nel descrivere la situazione familiare, hanno punti di
vista molto diversi sull’educazione dei figli e fanno molta fatica ad accettare
di dialogare per trovare almeno qualche punto d’incontro prima di proporlo ai
figli. Come nota positiva rileva l’importanza della loro presenza lì e del
fatto che nonostante le difficoltà stanno continuando il percorso. Prima del
quarto incontro la CF riceve una telefonata di lei che chiede se
all’appuntamento può venire con sua figlia invece che con il marito visto che
lui è scettico sul percorso.
GRUPPO n.4
Anna
Trupo con Marco Gennamari
Per
prima cosa ci siamo interrogati sulle emozioni e quindi sull’empatia che ci ha
rimandato il caso e, ovviamente, sono emersi diversi modi di “sentire” lo stesso racconto.
In
seguito è stata utilizzata la griglia di lavoro proposta per facilitare
l’individuazione degli elementi distruttivi e costruttivi nel conflitto in
esame.
Tra
gli elementi di conflitto distruttivo sono stati analizzati e condivisi:
la
tendenza all’autoesclusione del cliente, una forma di chiusura distruttiva
verso la famiglia di appartenenza e la scuola, una femminilità negata, un forte
cambio di ritmo nel parlare dal loquace al mutismo ed infine una forte presenza
di pregiudizi.
I
benefici ricercati dalla cliente potrebbero essere: richiamare l’attenzione in
una famiglia molto concentrata sulla malattia della madre, forse far star male
il padre, una lotta contro il mondo visto dall’abbigliamento militaresco e i
capelli di un rosso vistoso, una negazione però dei bisogni, la deresponsabilizzazione
e un generale rifiuto delle regole.
La
posizione di approccio dell’io scelta è stata IO NON OK – TU NON OK.
La
chiusura della ragazza è favorita forse dal clima familiare molto attento ai
sintomi, attacchi di panico e insonnia, mentre poco interessato alle reali
cause scatenanti i sintomi stessi.
Mentre
tra gli elementi costruttivi sono stati rilevati l’accettazione del contratto
di consulenza, l’assunzione di responsabilità per prendersi cura di se stessa e
la congruenza tra il look e il disagio personale.
Nei
“benefici dell’altro” ci siamo domandati (da non porre al cliente); “Come si
vede o si sente percepita dagli altri?”, e ancora, “Come posso aiutarla ad
esprimere le proprie emozioni?”.
Per
tendere all’approccio “IO OK – TU OK” forse il percorso potrebbe essere:
imparare a mettersi nei panni dell’altro, e in particolare del padre e delle
altre figure genitoriali (come i professori) .
Come
“clima aperto e comunicazione di supporto” si sono considerati due aspetti
positivi che la ragazza porta in consulenza e che si potrebbero rinforzare. Il
primo riguarda il forte bisogno di
amicizia ed il secondo la storia d’amore che vive da 4 mesi con un ragazzo.
Riguardo
l’aspetto: “critica costruttiva principale e ascolto attivo” è stata condivisa
l’importanza della “consapevolezza del proprio comportamento e il rispetto delle regole”.
Infine
sulle emozioni ci siamo resi conto che quelle negative possono essere
riutilizzate in modalità positiva anche perché qui sembra di essere alla
presenza di un caso di una forte negazione delle stesse. C’è anche chi ha
affermato che forse manca un bel pianto liberatorio rispetto al lutto familiare
in sospeso e non elaborato.
GRUPPO N.5
Renata D’Ambrosio con Laura Colferai.
Il
caso ci è stato presentato come conflitto a livello famigliare. Così veniva dichiarato dai due coniugi che si
presentano al consultorio, ma quasi tutti, fin dall’inizio, lo abbiamo sentito
come un conflitto di coppia latente, forse da molto tempo.
Sentivamo
il bisogno di avere più informazioni, anche dal punto di vista dei messaggi non
verbali, ma Renata ci ha fatto focalizzare l’attenzione sulle sensazioni che il
racconto aveva provocato in ciascuno di noi.
Abbiamo
concordato sulla necessità di lavorare sui vissuti intrapersonali di ciascuno
dei due coniugi ipotizzando la frustrazione di lui, costretto a non svolgere la
sua professione di architetto per diventare il casalingo che prepara i pasti e
pretende che siano consumati assieme, mentre la figlia si oppone a queste
regole e lo esaspera al punto che lui decide di porre un cancello di ferro che
chiude a chiave passata l’ora canonica dei pasti. Questo cancello riportava un
valore simbolico molto forte: era stato fatto per chiudere fuori la figlia, ma,
di fatto, aveva chiuso il padre in una gabbia-prigione che richiamava l’autismo
di cui soffre il figlio. Ci è tornato alla mente il bimbo che grida e piange,
di cui ci aveva parlato il prof. Simeone nella sua bella relazione. Questo
padre gridava il suo dolore in un modo particolare e avrebbe avuto bisogno,
come il bimbo, di sentirsi compreso, non più solo ed escluso dalla moglie.
Il
lavoro del consulente avrebbe potuto essere quello di fargli sentire la sua
comprensione per favorire la comprensione della moglie che sembrava giudicante
e manipolativa.
Molte
le emozioni suscitate dal racconto in ciascuno di noi che ci hanno fatto
riflettere sulle emozioni vissute dai due coniugi e che non venivano
raccontate, di qui la necessità di farle emergere in consulenza per favorire
una comprensione tra loro.
Abbiamo
riflettuto sul fatto che a volte l’agito (in questo caso l’atteggiamento duro e
dominante del marito) vuole compensare il vissuto interiore di insoddisfazione
e svalutazione.
Siamo poi passati a considerare la richiesta
telefonica della moglie di non ritornare
in consulenza col marito ma con la figlia, contravvenendo così alle regole del
contratto che a quel punto delle consulenze doveva già essere stabilito.
In questi casi, si è detto, è sempre meglio
cercare di far rispettare le regole, in particolare se il richiedente sembra
voler manipolare il consulente stesso. In questo caso poi il dirottamento
avrebbe potuto nascondere da parte della signora il desiderio di evitare il
vero conflitto.
Questo
tipo di richiesta può far entrare in conflitto il consulente con l’utente. Se
poi si appurasse che veramente uno dei due è scettico sul tipo di lavoro
proposto o si sente costretto dal coniuge a partecipare, sarebbe necessario
valorizzare la sua presenza e la costanza nel proseguire.
L’esperienza
consultoriale di alcuni dei partecipanti ha indicato come opportuno a volte un
colloquio separato dei coniugi specialmente se si ha il sentore che in presenza
dell’altro non riesca ad essere completamente libero di raccontarsi.
Una
volta di più, abbiamo notato come sia utile l’équipe che ci permette di
osservare una situazione sotto diverse angolature che ampliano la visione e ci
arricchisce di sensibilità diverse. A questo proposito è stato molto utile il
riferimento al gruppo-équipe fatto nella relazione e alla conflittualità che
anche in quell’ambito può nascere.
TERZO CASO: CONFLITTO
ADOLESCENTI CON GENITORI ED INSEGNANTI
La
consulenza viene richiesta da una ragazza di 16 anni accompagnata dal padre che
autorizza il percorso e firma per lei il contratto di consulenza e consenso
informato. Al primo incontro D. si presenta in ritardo e con un atteggiamento
provocatorio alternando momenti di loquacità e di mutismo passando da un
argomento all’altro senza un apparente filo logico che spieghi il perché della
richiesta di consulenza. Ha un aspetto fisico molto avvenente ma lo nasconde
dietro un abbigliamento tipo militare con pantaloni mimetici e golf molto
abbondanti di tipo maschile. Ha i capelli tinti di un vistoso rosso amaranto.
Salta
il secondo incontro e fa chiamare dal padre per chiedere scusa e la consulente
lo invita a non sostituirsi alla figlia ma a dirle di telefonare direttamente per riprendere un
appuntamento, cosa che avviene. Al terzo incontro si presenta puntuale e inizia
a raccontare qualcosa di sé: è la prima di tre figli, due femmine e un maschio,
e la madre è morta quattro anni fa a seguito di un tumore che si è manifestato
quando lei aveva tre anni. Frequenta il liceo artistico e nonostante lo ha
scelto lei ed ha delle doti artistiche, non studia e fa frequenti assenze per attacchi di panico
e per insonnia. Dice che in classe è isolata e non riesce ad inserirsi nel
gruppo di compagni che la considerano strana sia per come si veste sia per il
carattere. Dice di voler tanto far parte
del gruppo, essere cercata come amica, o notata per doti artistiche ma visto
che non accade preferisce rinunciare per prima isolandosi e facendo finta di
fregarsene, in realtà ci soffre molto.
Ha
un rapporto molto conflittuale con suo padre e con alcuni insegnanti che a suo
dire non credono al suo malessere e la giudicano fannullona e scansafatiche ,
una che fa la “furba”. Si lamenta del fatto che suo padre non la considera
matura ed affidabile quindi le vieta molte cose
come le chiavi della sua camera dove si chiude quando è arrabbiata, il motorino, stare con le amiche o studiare e
dormire a casa loro mentre concede queste cose a suo fratello che è più piccolo. Ha un fidanzato da circa quattro
mesi e dice di vivere un’esperienza molto bella anche se ha molta paura di
perderlo anche a causa del fatto che il padre non le consente di uscire come
vorrebbe. Spesso sogna di andarsene di casa, fuggire, anche se poi ci ripensa e
dice che senza la sua famiglia non potrebbe resistere. Successivamente D.
racconta di essere stata in terapia da una psichiatra per più di un anno,
scelta dalla sorella di sua madre, che ha suggerito di farla vivere per un
periodo a casa con la nonna materna per alleviare la conflittualità tra padre e
figlia. Per un po’ ha provato a fare quest’esperienza ma a suo dire non ha
funzionato ed è tornata a casa, poi ha smesso di andare alle sedute perché
sentiva la terapeuta troppo direttiva e che voleva fare “la mamma”. Si
definisce spesso confusa e non sa bene cosa vuole sa solo che si sente spesso
senza la terra sotto i piedi soprattutto da quando suo padre la minaccia
dicendo che se non si comporta bene la dà in affidamento ad una famiglia più
capace di lui a gestirla ……
GRUPPO N.6
Raffaello Rossi con Paolo Perelli
Attraverso un brainstorming, ciascun componente del
gruppo è stato invitato a riportare gli elementi della storia che più lo hanno
colpito.
È stato evidenziato che la ragazza procede per
contrapposizioni, che abbiamo riportato organizzandole intorno al nucleo
FIDUCIA e IDENTITÀ in riferimento al contesto familiare:
- invisibile/appariscente: la ragazza non si sente
vista per ciò che è, in riferimento alle sue doti artistiche. Vorrebbe essere
cercata come amica, mentre il gruppo la giudica “strana”. Viceversa, si veste e
si trucca in modo appariscente;
- autonomia/dipendenza: chiede autonomia al padre,
che la giudica poco affidabile, le nega la chiave della camera, l’uso del
motorino, la limita nella frequentazione delle amiche e del fidanzato.
Viceversa, si sente confusa e vuole tornare a casa dopo un periodo presso la
nonna materna;
- andare/restare: sogna di fuggire ma poi ci
ripensa.
Manca una base sicura, un tutore di
resilienza, per cui la ragazza avverte che le “manca la terra sotto i
piedi”. Ha tuttavia la consapevolezza di voler cercare la base sicura in
famiglia, rifiutando la nonna e la psichiatra che “voleva fare la mamma.”
Nel suo vissuto sono inoltre presenti i trigger
tipici delle dinamiche adolescenziali: critica, giudizio, spinta,
oppressione, scatenati dal padre e dagli insegnanti.
Tutto ciò dà luogo ad emozioni di compensazione che
coprono le emozioni di flusso: da una parte rabbia, impotenza, evitamento,
confusione; dall’altra dolore, in particolare il bisogno di elaborare il lutto.
Padre e figlia hanno problemi simili: anche il padre
ha bisogno di elaborare il lutto e prova un sentimento di inadeguatezza,
espresso nella minaccia di darla in affidamento a “una famiglia più capace di
me.”
In un secondo brainstorming sono state elaborate le
ipotesi di intervento: il consulente può anzitutto rimandare un RICONOSCIMENTO
alla ragazza per come è, rimanendo nell’INDUGIO per prendere contatto con il
dolore.
È importante anche che il consulente espliciti la
rassicurazione che non prenderà il posto della madre.
Successivamente sarà possibile effettuare un inserto
educativo mostrando alla ragazza il bisogno del padre e facendole prendere
coscienza che la distanza che li separa è minore di quanto sembri.
Per procedere verso il superamento del conflitto
sarà utile a questo punto il coinvolgimento del padre secondo le modalità che
risulteranno più opportune.
La visibilità ottenuta e la presa di coscienza dei
bisogni del padre apriranno la strada alla liberazione della cooperazione da
parte della figlia.
GRUPPO N.7
Stefania
Sinigaglia con Tonia di Pierino
Dopo un rapido giro di presentazioni ci siamo
addentrati nel vivo dell’attività laboratoriale. Arricchiti dai numerosi
stimoli offerti dalla relazione del prof. Simeone, abbiamo a “smontare” il
conflitto descritto nel caso assegnato, per scoprire i bisogni che ad esso
erano sottesi. Sono state considerate le istanze di ciascuno dei personaggi, partendo dall’assunto che il
conflitto ha la caratteristica della reversibilità ed è esso stesso espressione
di una relazione coinvolgente. In cui, anche se in modo non funzionale, l’uno
ha profondo interesse per l’altro e una possibile soluzione è ravvisabile
proprio nel sapersi coinvolgere in modo adeguato nella relazione, trovando in
sè le risorse per uscire dal conflitto.
I membri del gruppo sono stati stimolati ad individuare i bisogni che
portavano la protagonista ad adottare comportamenti e scelte disfunsionali,
cercando di leggere ciò che c’era dietro gli eventi narrati, e di conseguenza a
focalizzare gli elementi distruttivi e costruttivi del conflitto.
E’ stato evidenziato come l’atteggiamento
provocatorio e di sfida della ragazza assunto sia nei confronti degli adulti
(padre/insegnanti/consulente) sia dei pari,
nascondesse oltre ad insicurezza, un bisogno profondo di essere
“vista”, quindi riconosciuta e
accettata nella sua individualità. Nello specifico di adolescente alla ricerca
di figure di riferimento solide, in grado di contenere le sue incertezze, ansie
e contraddizioni. Infatti nel momento in cui ha incontrato una figura adulta e
congruente (la consulente familiare) che le ha fatto percepire accettazione
incondizionata, ascolto, attenzione, cura e fiducia nelle sue capacità, il suo
comportamento competitivo (io ok - tu non ok) è cominciato a trasformarsi in
cooperativo (io ok - tu ok). Dall’iniziale clima chiuso caratterizzato da una
comunicazione sulla difensiva si è passati ad un clima aperto dando vita ad una
comunicazione di supporto.
Il gruppo poi è stato sollecitato a mettersi nella
prospettiva del CF e considerare come avrebbe potuto elaborare gli elementi del
conflitto e restituirli in modo diverso, accrescendoli di senso e di
significato, riducendo gli elementi distruttivi e incrementando quelli
costruttivi. Calandoci nella situazione socio- familiare della nostra adolescente, ci si è interrogati
su come accompagnarla a riconoscere il conflitto, a dargli un nome, a prenderne
coscienza, ad imparare a “stare” nel conflitto per identificare i fattori che
sono in gioco e di conseguenza, acquisire flessibilità per poter integrare prospettive
diverse . Le diverse ipotesi elaborate, sono poi state sintetizzate
attraverso l’individuazione di nuclei –
chiave come riportato nello schema, dove sono indicati, immediatamente collegati gli elementi
essenziali del percorso di consulenza e propedeutici al raggiungimento degli
obiettivi.
CONCLUSIONI
Come avete
potuto notare i gruppi hanno lavorato con competenza ed impegno producendo
riflessioni e soluzioni molto interessanti e valide per la gestione costruttiva
del conflitto. Anche il prof Simeone ha espresso sincero apprezzamento per la
professionalità e l’impegno dei Consulenti familiari affermando che :” è
rassicurante pensare che le persone che hanno bisogno di aiuto possono trovare
Consulenti familiari così preparati che li accolgono”. La presidente ha
concluso la giornata regalando a tutti una toccante poesia tratta dal libro
sulla comunicazione non violenta: le parole sono finestre ( oppure muri). Introduzione
alla comunicazione nonviolenta di Marshall B. Rosenberg
LE PAROLE SONO FINESTRE
(OPPURE MURI)
Di Ruth Beermeyer.
Mi sento così condannata dalle tue
parole,
mi sento giudicata e allontanata,
prima ancora di aver capito bene.
Era questo che intendevi dire?
Prima che io mi alzi in mia difesa,
prima che parli con dolore o paura,
prima che costruisca un muro di
parole,
dimmi, ho davvero compreso bene?
Le parole sono finestre, oppure muri,
ci imprigionano o ci danno la libertà.
Quando parlo e quando ascolto,
possa la luce dell’amore splendere
attraverso me.
Ci sono cose che ho bisogno di dire,
cose che per me significano tanto,
se le mie parole non servono a
chiarirle,
mi aiuterai a liberarmi?
Se sembra che io ti abbia sminuito,
se ti è parso che non mi importasse,
prova ad ascoltare, oltre le mie
parole,
i sentimenti che condividiamo.
BIBLIOGRAFIA
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-L’ascolto
si impara. Domande legittime per una pedagogia dell'ascolto di Novara Daniele, EGA,
Torino 2005
Gestione
dei conflitti e mediazione
interculturale
a cura di Portera Agostino e Dusi Paola, Franco
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Milano 2005
La
grammatica dei conflitti Daniele Novara Sonda 2011
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piacciono i tuoi vicini? Manuale di educazione socioaffettiva, Edizioni
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Novara, D. (a cura di), Io
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editori 2009
Costruire la nonviolenza. Per una
pedagogia dei conflitti
di Pat Patfoort La Meridiana 2000
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Cheli, E., Relazioni in
armonia, ed. FrancoAngeli
Gordon, T., Genitori
efficaci, La Meridiana
Gordon, T., Insegnanti efficaci, La Meridiana
Gordon, T., Insegnanti efficaci, La Meridiana
Rosenberg, M., Le parole sono finestre; oppure
muri, ed. Esserci.
SCHEDA DI OSSERVAZIONE SUL CONFLITTO
Individua nel dettaglio gli elementi distruttivi e costruttivi nel caso
ascoltato
Elementi del conflitto distruttivo
|
Indicatori
individuati nel caso
|
Elementi del
conflitto costruttivo
|
Indicatori
individuati nel caso
|
Comportamento competitivo : tende a stimolare una risposta competitiva;
rischia di trasformare il conflitto in qualcosa di distruttivo
|
Comportamento cooperativo :tende a stimolare una risposta cooperativa; mette
le premesse per la
soluzione/trasformazione del conflitto,
per un suo esito costruttivo
|
||
Attenzione ai benefici del singolo
|
Attenzione ai benefici dell’altro o del gruppo
|
||
Approccio "io
ok-tu non ok"
“io non ok- tu non ok”
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Approccio"io
ok –tu ok"
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Clima chiuso e Comunicazione sulla difensiva
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Clima aperto e
Comunicazione di supporto
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Critica
distruttiva, non ascolto
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La critica
costruttiva, Ascolto attivo
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Le emozioni
negative nel conflitto esplicite o negate
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Le emozioni
positive nel conflitto esplicite o negate
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Come puoi aiutare a
ridurre gli elementi distruttivi e incrementare quelli costruttivi?
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