14 APRILE 2013, ROMA HOTEL DIVINO AMORE



LA GESTIONE DEI CONFLITTI E GLI STRUMENTI DA ATTIVARE IN CONSULENZA
La prima Giornata di studio del 2013 si è svolta a Roma nell’incantevole cornice del Santuario del Divino Amore, una meta frequentatissima da pellegrini di tutto il mondo ed un contesto paesaggistico magnifico (che ha compensato in parte le difficoltà di collegamento), ed in una struttura attrezzata e confortevole.. Quantunque la partecipazione dei colleghi è stata straordinaria ed ha superato tutti i record precedenti di presenza, abbiamo agevolmente portato avanti i lavori del convegno, in una delle prime giornate primaverili di quest’anno.
La Presidente, dopo una doverosa informativa sullo stato attuale delle attività poste in essere dall’Associazione in aderenza alle norme della legge 4/2013 (che pubblichiamo nell’articolo precedente), ha introdotto l’argomento ed il relatore della Giornata.
 LA GESTIONE CREATIVA DEI CONFLITTI
Chi di noi non ha mai avuto problemi e conflittualità in famiglia, a scuola, sul lavoro, nel gruppo di amici o associativo? Perché il conflitto ha una parte così preponderante nella nostra vita? Chi non si è chiesto come si può fare per fuggire da tutta questa conflittualità che a vari livelli investe ogni giorno la nostra sfera personale, sociale ma anche tutto il mondo? Cosa ci porta ad accettare o rifiutare l’altro, a giudicarlo? Perché alcune persone tendono a veder nemici ovunque? Nel corso della vita è probabile essersi chiesti il perché le nostre relazioni in famiglia, sul lavoro, nel gruppo di amici non siano particolarmente soddisfacenti, se non addirittura conflittuali, con una conseguente perdita di fiducia nei rapporti che instauriamo. Quando le differenze vengono fuori nelle coppie, in famiglia, nelle organizzazioni, nelle comunità, la cultura è sempre presente formando le percezioni, gli atteggiamenti, i comportamenti, e i risultati. Quando i gruppi culturali a cui apparteniamo sono la maggioranza nella nostra comunità o nazione, ci rendiamo conto di meno dei messaggi che ci inviano. La cultura che appartiene al gruppo dominante spesso sembra “naturale“ o “normale“. Solitamente notiamo solo gli effetti delle culture “diverse”, quando etichettiamo comportamenti che ci sembrano  “strani” e questo genera pregiudizi, incomprensioni o rifiuto. Ad esempio, i conflitti fra coniugi o partner sono spesso influenzati dalla cultura di genere e dalla cultura di provenienza della famiglia d’origine, i conflitti fra adolescenti e genitori sono regolati dalla cultura generazionale e quelli nelle organizzazioni spesso nascono da tensioni che si sviluppano a partire da differenti culture comportamentali fra collaboratori, che creano una comunicazione stentata o poco accurata e relazioni molto tese. Fra le capacità dell’essere umano, la disposizione alla comunicazione è certamente la più evidente e la più importante. Le nostre relazioni interpersonali a tutti i livelli ci richiedono però sempre più la capacità di accettare e gestire ciò che è diverso da noi stessi: persone, valori, pensieri, culture. Questo inevitabilmente porta il conflitto in una posizione centrale nella nostra esistenza. La parola conflitto continua ad evocare nella nostra cultura concetti o immagini sgradevoli, rimandandoci allo scontro, al contendere, all’aggressività e inevitabilmente alla violenza.
Abbiamo bisogno di saperne di più e, quindi, lasciamo la parola al prof. Domenico Simeone, docente dell’Università cattolica e Presidente del C.F..C., che ci illustrerà, nella sua relazione, tutto ciò che dobbiamo sapere sul conflitto. 

LA GESTIONE DEI CONFLITTI
RELAZIONE DEL PROF. DOMENICO SIMEONE
 docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
 Nel dichiararsi contento di partecipare ad un evento formativo così importante e così partecipato, il prof. Simeone evidenzia che sono passati tre mesi dall’entrata in vigore di una legge importante che finalmente disciplina l’attività di tante persone che, con impegno e sacrificio, si dedicano agli altri. Una norma che finalmente prende in considerazione la garanzia di chi chiede aiuto, soffre e ha bisogno di sostegno, contrariamente a quella che è stata la prassi normativa adottata finora, più orientata verso la tutela delle professioni ‘riservate’ che degli utenti.
 Ringrazia, quindi, con calore tutti coloro che si sono dedicati e si dedicano alla relazione d’aiuto.
Passando ad illustrare l’argomento della relazione, la gestione dei conflitti, il prof. Simeone afferma che la prima cosa da fare è distinguere tra conflitto e violenza. Se la violenza si traduce nella volontà di danneggiare intenzionalmente l’avversario e di risolvere il problema  eliminando chi porta il problema stesso; nel conflitto troviamo contrasto, contrarietà, divergenza, opposizione, resistenza critica (senza intenzioni di creare danno), ma con la possibilità di affrontare il problema (conflitto) mantenendo il rapporto.



Il conflitto, che dobbiamo considerare un’opportunità, un elemento che ci segnala una situazione critica altrimenti nascosta, si distingue in:
Conflitto Interpersonale:
riguarda Area della conoscenza di sé, della capacità di riconoscere le emozioni e i tasti dolenti personali e del confronto con le proprie aspettative interiori.
Conflitto intrapersonale:
riguarda l’area della negoziazione, la capacità di esplicitare il conflitto latente, di ascolto e di comunicazione assertiva, il riconoscimento dei bisogni propri e altrui, l’individuazione di interessi comuni.
Conflitto esterno:
investe l’area dell’offerta di aiuto (consulenza). Consiste nell’assunzione di una neutralità empatica come procedura di aiuto (collocarsi all’esterno del conflitto) e nella capacità di condurre le persone verso una competenza - comprensione operativa della situazione che stanno vivendo.
Conflitto organizzativo:
riguarda l’area della coesione ed il saper individuare il conflitto latente e trasformarlo in cambiamento, e strutturare azioni nella logica della coesione – collaborazione (capacità di comunicare e condividere i problemi in ambito organizzativo.
Il conflitto esterno è quello che più interessa chi svolge l’attività di Consulenza perché è quello che si presenta con maggiore frequenza. In queste occasioni è necessario porci all’esterno del conflitto. Operazione difficile da fare a causa delle risonanze emotive interne  e dei modi con cui utilizziamo le teorie di riferimento per leggere la situazione. L’imparzialità nel conflitto è un obbiettivo importante per il Consulente, perché il rischio è di allearsi con una delle parti che,  ai nostri occhi, può avere più bisogno dell’altro di essere aiutato. La modalità empatica di porsi di fronte al conflitto è la neutralità.
Le  Strategie per affrontare i conflitti e per risolverli sono molteplici e dipendono dall’atteggiamento di chi si approccia ad essi. Possiamo indicare le seguenti categorie:
-       La Fuga difensiva (perdente-perdente)
-       L’Accomodamento (perdente-vincente)
-       Il Dominio (vincente-perdente)
-       Il Compromesso (né vincente – né perdente)
-       L’Integrazione (vincente – vincente)

Fuga difensiva (perdente-perdente)
Evitare i conflitti. Le persone rinunciano ai loro obiettivi e alle loro relazioni, si mantengono lontane dagli argomenti che sono oggetto di discussione e dalle  persone con cui sono in conflitto.
Credono che tentare di risolvere i conflitti sia senza risultato e si sentono impotenti, convinte che sia più utile ritirarsi (fisicamente e psicologicamente) dai conflitti che non affrontarli.
Quando in un gruppo prevale questo atteggiamento di fuga o ritirata, e si tende a limitare l’attenzione a situazioni non disturbanti, non tardano a emergere situazioni limitanti o negative.
A lungo andare il costo di tale atteggiamento è la difficoltà di crescita e maturazione, la difficoltà di responsabilizzazione.
L’Accomodamento (perdente-vincente)
Rinunciare ai propri obiettivi. Le persone considerano importanti le relazioni con gli altri e tengono in minore considerazione i propri obiettivi. Vogliono essere amate e accettate dagli altri.
Pensano che il conflitto debba essere evitato per favorire l’armonia e sono convinte che i conflitti non possono essere gestiti senza danneggiare le relazioni. Rinunciano pertanto ai propri obiettivi.
Grande è il prezzo che si paga quando emerge questo atteggiamento. Per ottenere dei vantaggi secondari quali l’accettazione, l’accoglienza, la valorizzazione non esitano a sacrificare i propri progetti e alla autoaffermazione.
Dominio  (vincente-perdente)
Tendono a forzare la relazione cercando di imporsi. I loro obiettivi personali sono considerati estremamente importanti, mentre danno minore importanza alle relazioni.
Cercano di raggiungere i propri obiettivi ad ogni costo e non importa loro di essere accettati dagli altri.
Pensano che i conflitti si risolvano con la vittoria di uno dei contendenti. Cercano di vincere attaccando e intimidendo gli altri.
Fare compromessi (né vincente – né perdente)
Le persone cercano il compromesso, rinunciano a parte dei loro obiettivi e convincono gli altri a fare lo stesso.
Esse cercano una soluzione al conflitto quando tutte le  parti possono guadagnare qualcosa. Sono disposte a sacrificare parte dei loro obiettivi e delle relazioni per ottenere un accordo che sia di comune vantaggio.
I compromessi, tuttavia, hanno un carattere transitorio.
L’Integrazione (vincente – vincente)
Le persone che adottano l’integrazione tengono in grande considerazione i propri obiettivi e le relazioni. Considerano il conflitto come un problema che deve essere risolto e cercano una soluzione che     possa permettere il raggiungimento dei propri scopi e di quegli degli altri.
Considerano i conflitti come elementi capaci di migliorare le relazioni attraverso la riduzione della tensione tra le persone.
Quando si affrontano i conflitti adottando questo stile, si imbocca la strada per giungere ad una soluzione.
I conflitti vengono risolti con la cooperazione e non con la competizione.
La difficoltà di affrontare cooperativamente i conflitti viene dal fatto che chi vi è implicato ha una funzionalità psichica ridotta e aumenta l’autodifesa. Essendo i conflitti carichi di emotività, si riduce cioè l’angolatura delle visuale  oggettiva della realtà, la percezione diventa sempre più selettiva, aumentano sempre più i pensieri negativi nei confronti dell’altro. Per questo è importante conoscere una strada oggettiva da percorrere, un metodo.

La risoluzione cooperativa dei conflitti.
Il riconoscimento.
Il primo passo è quello di riconoscere il conflitto, di nominarlo e di dire di che tipo di conflitto si tratta. La domanda da farsi è la seguente: dove sta il problema? E’ di natura relazionale? Sono interessi discordanti? Sono percezioni differenti sulla stessa tematica?
In questo primo momento  bisogna stare in modo preciso su ciò che è osservabile, senza interpretazioni.
L’indugio.
Questa fase è necessaria per l’identificazione dei fattori che entrano in gioco nel conflitto e si chiede di accettare il conflitto evitando la collusione violenta o la repressione. Accettare di “starci dentro” è la possibilità della comprensione che va al di là del giudizio e diventa un momento di riflessione per cercare soluzioni adeguate.
Risponde  a queste domande: Quali avvenimenti concreti  e circostanze hanno portato al   comportamenti lo hanno preceduto? Quali sono state le conseguenze? Quali fattori (emozionali, ideologici, relazionali…) aggravano il conflitto? Quale comportamento (idea, sentimento) i partners del conflitto non sopportano più?
Anche in questa seconda fase bisogna assolutamente evitare ogni giudizio e stare semplicemente all’osservazione ed enumerazione oggettiva dei fattori.
La comunicazione
E’ il momento in cui ci si pone in una logica di decentramento emotivo (mettersi nei panni di…)  Comunicare nel conflitto è segno della forza di chi sa gestire le tensioni. La comunicazione nel conflitto tiene ferma la necessità di vincere insieme, di non umiliare e di non essere umiliati, è fondata sulla capacità empatica e sull’ascolto attivo. “Non vi sono mai due persone che non si capiscono, ci sono solo due persone che non hanno discusso”.
Comunicare implica la sospensione del giudizio, che è proprio il contrario del giudicare, implica entrare in relazione e incanalare lo scontro  su un terreno dove possa essere chiarito da entrambe le parti.

La soluzione.
La ricerca della soluzione è la fase della creatività che spezza il meccanismo della negazione reciproca per trovare nuove vie  capaci  di suscitare  il consenso reciproco. Più le soluzioni sono varie, libere, spontanee e ricche, meglio è. La loro validità dipende dalla loro oggettività, e non  tutte sono oggettive.
Una volta scelta la soluzione, bisogna precisarle nei singoli aspetti e definirle in modo operazionale, evitando il rischio delle soluzioni vaghe e astratte.
Per la soluzione cooperativa dei conflitti è necessario attivare alcune capacità.
Capacità di individuare il problema, di stare sul problema ed evitare ogni forma di attacco alla persona.
Capacità di aspettare il momento giusto.
Cogliere le ragioni altrui.
Competenza a strutturare critiche costruttive.
Capacità di attivare strategie basate sulla ricerca di interessi comuni.
Come Creare un clima adatto alla negoziazione dei conflitti:
Comportarsi in modo da costruire una reciproca fiducia;
Non giudicare, non etichettare l’altro, dimostrare sincerità nella ricerca di una soluzione;
Usare espressioni di scusa e/o di complimento;
Informare gli altri componenti e fare domande per ricevere informazioni;
Esprimersi in modo personalizzato (usando il pronome “io”) per dare e comunicare informazioni o per esprimere propri interessi o bisogni;
Chiedere all’altro di fare lo stesso e porre domande che lo invitino chiaramente ad esprimere quali sono i suoi bisogni.
Come identificare i problemi in discussione che generano un conflitto:
Esaminare i problemi cercando di scoprire quali possono essere i bisogni comuni, al di là delle cose che sembrano mettere in conflitto;
Ricerca libera di soluzioni;
Con libertà suggerire possibili soluzioni del problema;
Proporre un brainstorming senza preoccuparsi di valutare le proposte.
Come scegliere una soluzione.
Rivedere le proposte di soluzione valutandole;
Cercare tra tutte le proposte quella che sembra più promettente e in grado di soddisfare ambedue i contendenti completamente;
Stabilire comportamenti concreti per realizzare la soluzione trovata;
Stabilire modalità di controllo o di revisione della soluzione trovata.
Le condizioni per avviare un negoziato:
Le parti devono “credere”  di avere obiettivi contrastanti;
La comunicazione tra le parti deve essere possibile;
Ci deve essere la possibilità di soluzioni intermedie e di compromessi;
Ci deve essere la possibilità di formulare offerte e controfferte provvisorie;
Ci deve essere la possibilità di sottoscrivere un accordo;
Una negoziazione è possibile se tutte le parti coinvolte possono percepire un potenziale vantaggio dal negoziare con tutte le altre.
Ostacoli alla negoziazione
L’overconfidence: ovvero l’eccessiva fiducia nei propri giudizi. In modo arbitrario si ritiene che le proprie valutazioni siano corrette e le condotte efficaci;
L’assunzione della torta fissa: convinzione che le risorse oggetto di trattativa siano irrimediabilmente insufficienti per un accordo vantaggioso per tutte le parti;
Il conflitto illusorio: incapacità di accorgersi che su alcune questioni negoziali gli interessi delle parti sono perfettamente compatibili;
Il verificazionismo: tendenza ad affrontare la ricerca di nuove informazioni guidati in realtà dal mero obiettivo di trovare conferme alle proprie convinzioni costituite.




Domenico Simeone è nato a Martina Franca (TA) nel 1963; nel 1987 si è laureato in psicologia presso l’Università degli Studi di Padova; nel 1992 ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Pedagogia e Scienze dell’educazione presso la medesima Università.
Fino al 1998 ha svolto attività clinica come psicologo e psicoterapeuta e si è occupato della formazione di operatori sanitari ed educatori. Dal 1998 al 2005 è stato ricercatore di Pedagogia generale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia; attualmente è professore ordinario di Pedagogia presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano e a Brescia. Membro del Comitato Direttivo del Centro Studi Pedagogici sulla Vita Matrimoniale e Familiare dell’Università Cattolica, è Direttore della rivista Consultori Familiari Oggi, e scrive su diverse Riviste scientifiche di pedagogia della Famiglia. E’ presidente della Confederazione Italiana Consultori Familiari di ispirazione cristiana.


COME TRASFORMARE I CONFLITTI IN OPPORTUNITA’
La Presidente ringrazia il prof. Simeone per la chiarezza dell’esposizione e la approfondita disamina di un argomento tanto importante e, su queste basi riprende il discorso sulla gestione creativa dei conflitti.
Perché il conflitto, che si svolge nell’ambito di una dimensione relazionale, può essere visto come un elemento creativo, una risorsa all’interno della costruzione di relazioni che non possono prescindere dal valorizzare la diversità. Sembra assurdo, ma per amarci, o soltanto convivere, bisogna anche discutere, trattare, litigare e negoziare da posizioni diverse. L’importante è farlo in chiave positiva. Per arrivare a questo è necessario però uscire dalla convinzione che per soddisfare i propri bisogni sia necessario penalizzare qualcun altro, ed entrare in un gioco che permetta a tutte le parti di uscire vincitrici (win-win). Imparare a relazionarsi in modo costruttivo non significa quindi soltanto dotarsi di “buone tecniche” comunicative, che ci permettano di padroneggiare razionalmente le relazioni, ma significa soprattutto aprirsi alla conoscenza e alla consapevolezza delle emozioni, dei sentimenti e di tutti quei processi comunicativi che noi e gli altri attiviamo nelle relazioni. Partendo da questi presupposti possiamo affermare che vivere e gestire i conflitti è uno spazio privilegiato per apprendere l’arte della convivenza ecologica e pacifica. Se la pace è stata considerata antitetica rispetto al conflitto e dunque il conflitto visto come guerra, un modo nuovo per affrontare la possibilità di una pace  è ristrutturare la stessa concezione di pace. La proposta è quindi di accettare che il concetto di pace contenga in sé quello di conflitto, in quanto permette di mantenere la relazione anche nella divergenza.
Chi è senza peccato scagli la prima pietra! E’ l’invito  che ci suggerisce di riflettere sempre prima di avventurarci in scontri unilaterali senza aver preso in considerazione anche le ragioni dell’altro,  dell’antagonista”. Nella valorizzazione delle diversità attiviamo processi di riconoscimento, di differenziazione e conoscenza reciproca dove ognuno diventa punto di confronto e di stimolo all’ampliamento e arricchimento delle personali conoscenze. Siamo tutti chiamati, come persone e come consulenti familiari a gestire, risolvere e possibilmente prevenire i conflitti con gli altri attraverso un processo circolare  che nella consulenza familiare passa dai seguenti punti:


Fase 1. Ascoltare empaticamente e accogliere totalmente le persone che portano un conflitto : la sofferenza soggettiva nel conflitto è una questione molto importante e la consulenza familiare crea uno spazio ed un tempo di ascolto della ferita, di accoglienza degli intensi vissuti emotivi legati al conflitto che generano confusione, invischiamento,  posizioni opposte.  La gestione dei conflitti, inoltre, metterà  in evidenza  attitudini negative e immagini che le parti in conflitto hanno l’una dell’altra. Se questi elementi non sono riconosciuti e prese in carico, possono portare a un comportamento discriminatorio e a un aumento della tensione e dell’animosità tra le parti.

Le emozioni in gioco sono:

I ricercatori Sylvan Tomkins, Paul Ekman e Plutchik propongono otto emozioni primarie: paura, sorpresa, tristezza, disgusto, rabbia, anticipazione – attesa , gioia, consenso -assenso. Secondo questa teoria le otto emozioni fondamentali sono contigue su un cerchio diviso in otto spicchi e, come dei colori, nel mescolarsi ne provocano di nuove. Due spicchi contigui provocano una diade. Le diadi possono essere:
·      primarie = miscela formata da due emozioni adiacenti o contigue, ad es. l’allarme è il risultato di paura e sorpresa; l’amore o l’amicizia derivano dalla fusione della gioia e dell’accettazione.
·       secondarie = miscela formata da due emozioni separate da uno spicchio appartenente ad un'altra emozione ad es. il senso di colpa è il risultato di gioia e paura; il risentimento è la fusione di tristezza e paura.
·       terziarie = miscela formata da due emozioni separate da due spicchi appartenenti ad altre due emozioni ad es . l’ansia è la fusione di paura ed anticipazione; la delizia è la fusione di gioia e sorpresa.
Due emozioni contigue si fondono facilmente a differenza di due non adiacenti che si fondono in modo imperfetto generando un conflitto.


Le dimensioni, gli atteggiamenti e le immagini rilevanti da tener presente in consulenza familiare nelle dinamiche del conflitto sono:
 Pregiudizio :un’opinione su qualcosa, qualcuno o un gruppo costruita in anticipo senza buona o sufficiente conoscenza o esperienza.
Stereotipo: un’immagine generalizzata creata quando il pregiudizio nei confronti di una persona o di un particolare gruppo è cosi semplificato che si vedono tutti i membri di quel gruppo condividere gli stessi tratti.
Discriminazione: un comportamento negativo che deriva dai pregiudizi e dagli stereotipi contro una persona, un particolare gruppo o gruppi. Discriminare socialmente vuol dire fare delle distinzioni tra persone sulla base della classe di appartenenza o della categoria senza riguardo per i meriti individuali.
Cancellazione: Quando non si menziona affatto che esista un problema.
•  Distorsione: Non ritenersi responsabili del problema, perché lo si attribuisce a cause esterne.
Generalizzazione: Dire all'interlocutore frasi del tipo “Sei sempre il solito…” “Tu non vieni mai” ecc… generalizzando comportamenti che magari l'altro non sempre manifesta.
Distrazione: Iniziare una rissa, guardare troppa TV, impegnarsi eccessivamente in varie attività,  iniziare un”affair” sentimentale, fuggire ecc… sono tutti esempi di questa strategia.
Finzione: Fingere sentimenti che non si provano per evitare di avvertire quelli che si sentono veramente  (la rabbia ad es. è un' emozione che spesso sostituisce il dolore).
Negazione: Non sentire nulla e non sapere nulla a proposito di ciò che comunica l'interlocutore.
Distanziamento: Prendere le distanze dal problema, essere mentalmente “altrove” .
Acting out. L'acting out consiste nel rompere oggetti, percuotere qualcuno, correre via o addirittura compiere azioni per le quali ci possono essere sanzioni penali.
Fase 2. Aiutare l’esplicitazione e la narrazione: il conflitto è spesso caratterizzato dal non detto: una dimensione che blocca la comunicazione e che nasconde le radici profonde della controversia. Compito della consulenza è far emergere gli impliciti ridefinendo il problema, i soggetti coinvolti, i luoghi ed i tempi, gli interessi in gioco, gli eventuali esiti. L’esplicitazione e la narrazione consentono di individuare il problema nelle sue sfumature, andando al di là delle apparenze.


Fase 3. Prendersi tempo e Ideare soluzioni : L’attesa e la rielaborazione sono momenti maieutici, durante la consulenza familiare ,di gestione  delle emozioni e dei vissuti. Bisogna prendersi il tempo per l’elaborazione dei vissuti emotivi che il conflitto provoca. In consulenza dobbiamo aiutare a passare dalla logica dell’azione-reazione ad una logica di attesa e narrazione decantatrice (riflessione, ricerca della giusta distanza ed attivazione, di risorse creative più adeguate e mediate) e della ideazione progettazione di soluzioni partendo dai punti che le persone hanno in comune.
4. Ricercare insieme una soluzione possibile: La gestione del conflitto non è la ricerca della soluzione “tout court”. Sappiamo bene che non esistono ricette preconfezionate valide per tutti, soprattutto se a darle è qualcuno diverso da chi è dentro al conflitto. La consulenza familiare ricerca non la soluzione tecnica ma un esito possibile, non violento  e sostenibile del conflitto da parte della persona ( della coppia o gruppo) che ne è portatrice, richiede l’ accoglienza dei vari punti di vista e le ragioni degli attori in gioco, l’assunzione di responsabilità circa una comunicazione efficace ed assertiva, impegni concreti e specifici alla situazione che siano verificabili nel tempo.

                                           Schema tratto dal libro di Pat Pathfort : Costruire la non violenza

Lista di verifica dell’equilibrio del Consulente Familiare nella gestione dei conflitti

       Distaccarsi emotivamente dalla spirale negativa di attacchi e contro-attacchi di cui un conflitto e spesso costituito.
       Rimanere focalizzati sui veri obiettivi  della consulenza. Spesso nei conflitti si perde di mira il problema vero, e si divaga in una spirale senza fine di recriminazioni particolarmente distruttive. E' bene invece rimanere focalizzati sul problema che causa il conflitto e lavorare insieme alla sua soluzione.
       Accertarsi dei diversi punti di vista e assicurare che siano rappresentati in maniera rispettosa e accurata
       Evitare di diventare sostenitore di una delle parti
       Tenere ben presente il contesto nel quale questi punti di vista vivono.
       Essere cauti nel non creare un falso equilibrio
 
AIUTARE LE PERSONE COINVOLTE  IN UN CONFLITTO A 
·       Non attaccare la persona ma il problema;


·       Non cercare di vincere facendo perdere l'altro, ma vincere insieme a lui/lei (win-win) 
·       Non cercare di dominare, intimidire o manipolare, ma discutere in modo diretto, onesto ed assertivo.;
·       Non cercare nascostamente di bloccare il processo di risoluzione dei problemi, ma farli affiorare in modo che siano risolti in modo collaborativo.  
·       Non concentrarsi solo sulle proprie necessità senza tenere in considerazione quelle degli altri.
·       Cercare  di vedere il mondo con gli occhi dell'altro, ascoltandolo attivamente ed empaticamente
·       Immaginare il proprio interlocutore coinvolto nel conflitto come un potenziale alleato. 
·       Ascoltare l’altro e sottolineare tutto ciò con cui siamo d'accordo
·       Riconoscere i propri errori e scusarsene
·       Riformulare i pensieri, sentimenti, emozioni  e punti di vista dell'altro, prima di esprimere i propri. 
·       Formulare delle richieste specifiche 
·       Concentrarsi su obiettivi positivi per il presente ed il futuro.


La presidente ha guidato poi una fase di autoa*scolto in cui i partecipanti hanno preso contatto con il proprio concetto di conflitto e di come ognuno lo immagina e lo definisce, e di come ci atteggiamo quando ci troviamo di fronte ad uno di essi, quali riflessioni, considerazioni e strategie adottiamo per affrontarlo e risolverlo.
L’autoascolto è stato facilitato dall’uso di una scheda appositamente preparata:

SCHEDA DI AUTOASCOLTO
Spunti di riflessione sulla relazione con te stesso

Le tue osservazioni
cos’è per me il conflitto?


come mi realizzo nel conflitto?


Qual’ è per me la migliore gestione del conflitto?


quali sono le difficoltà che incontro quando cerco di trasformare il mio modo di comportarmi nei conflitti?


Rifletti su cosa puoi fare per incrementare il tuo livello di consapevolezza riguardo la gestione creativa del conflitto


 Spunti di riflessione sulle relazioni con gli altri

Coppia:
Quali sono gli elementi di conflitto che sono più manifesti?
Descriveresti il modo di gestire il conflitto  in termini distruttivi o costruttivi? Quale clima riscontri più di frequente? ( aperto – chiuso)



Famiglia
Quali sono gli elementi di conflitto che sono più manifesti?
Descriveresti il modo di gestire il conflitto  in termini  distruttivi o costruttivi?  Quale clima riscontri più di frequente? ( aperto – chiuso)


Gruppo sociale
Quali sono gli elementi di conflitto che sono più manifesti?
Descriveresti il modo di gestire il conflitto  in termini  distruttivi o costruttivi? Quale clima riscontri più di frequente? ( aperto – chiuso)


Rifletti su cosa puoi fare per incrementare il  livello di consapevolezza all'interno della coppia, della tua famiglia o del tuo gruppo sociale o lavorativo, riguardo alla gestione costruttiva del conflitto


I LAVORI DI GRUPPO

Dopo la fase di autoascolto sono stati formati i gruppi di lavoro per la parte esperienziale della Giornata di studio. I partecipanti sono stati divisi in otto gruppi per esaminare ed analizzare tre casi di conflitto riferiti ad una coppia, una famiglia e una persona. Ad ogni partecipante è stata consegnata una scheda di osservazione per individuare meglio le parti distruttive e costruttive del conflitto, e sono stati invitati ad utilizzarla non solo nell’analisi della dinamica del caso per l’esercitazione, ma anche come strumento di lavoro, in tutti i casi in cui ci troviamo di fronte a un conflitto.
La scheda, che pubblichiamo in fondo a questo articolo, è uno strumento operativo elaborato dall’AICCeF e può essere utilizzato solo dagli iscritti all’Associazione.
Può essere, inoltre, scaricata dal sito www.aiccef.it, nell’area riservata ai soci.


 PRIMO CASO: CONFLITTO DI COPPIA
Si presenta in consulenza una giovane coppia trentenne, sposata da due anni e senza figli. Abitano in città da diversi anni, ma sono originari di due paesi del centro nord. Il marito, che ha chiesto l’appuntamento per la coppia appare una persona aperta, sorridente e disarmante, e introduce dicendo che il problema più importante è che attualmente è disoccupato, perché è andata male un’attività autonoma che esercitava fino a sei mesi prima ( anche per colpa sua, confessa), e non è riuscito a mantenere un lavoro dipendente trovato subito dopo, perché non gli piaceva.
La moglie, carattere deciso con molto senso del dovere, che insegna, fa lezioni private e manda avanti la casa, vede nel marito una persona non affidabile, con scarsa volontà e decisione. Non si ricorda le cose da fare, connesse al suo lavoro, chiede mille consigli per prendere decisioni ,anche non importanti. Lei vorrebbe che fosse meno pigro e rinunciatario, che fosse più attivo. Non lo vede un uomo responsabile, anche nella prospettiva futura di un figlio. Lei è venuta in consulenza con emozioni di rabbia e di delusione per la situazione in cui si trovano. Lui con la voglia di ricucire le crepe del loro rapporto e di migliorare la comunicazione tra di loro.
In questo periodo in cui il marito non lavora, rimane a casa e dichiara di svolgere i lavori domestici, domandando  sempre alla moglie cosa può fare, e si meraviglia del fatto che le cose che fa non sono mai fatte bene. La moglie, che la mattina esce presto e torna tardi, vorrebbe trovare il letto rifatto e la cena pronta, ma si lamenta che deve rifare le cose da capo a causa della sua imprecisione e delle sue dimenticanze. Litigano spesso su sciocchezze.
Nell’ultimo incontro la moglie racconta che intorno al 20 dicembre scorso, hanno litigato per l’ennesima volta sulla organizzazione del Natale. L’idea era di invitare i rispettivi genitori a casa loro per passare insieme le feste.  Allora lei ha deciso che non se ne faceva più niente e che loro due avrebbero passato le feste di natale separati, ognuno a casa dei propri genitori. E’ stata irremovibile, senza badare alle proteste di lui. Così il giorno dopo sono partiti per raggiungere le proprie famiglie d’origine e sono ritornati dopo una settimana …
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GRUPPO N.1.
Claudia Monti e Ferdinanda Bonocore
Nel brain storming che il gruppo ha effettuato all’inizio, la scheda di osservazione ci ha fatto da guida. Ogni consulente ha dato la propria lettura dei comportamenti ma anche dei bisogni evidenti.
Ognuno di noi ha dato con grande impegno il proprio contributo, ci avvicinavamo, cambiavamo posto per sentire meglio (c’erano altri due gruppi di lavoro nella grande sala ) tutti protesi e centrati, e la difficoltà di ascolto ha reso più faticoso il lavoro

Abbiamo raccolto in modo sintetico gli indicatori che avevamo individuato ed ipotizzato strategie consulenziali per aiutare a ridurre gli elementi distruttivi e incrementare quelli costruttivi.  Memori dei suggerimenti forniti dalla magistrale relazione del prof. Domenico Simeone: “sviluppare l’abilità a parlare dei comportamenti (azioni osservabili) senza giudicare le persone”, abbiamo lavorato nell’individuare esclusivamente la descrizione del comportamento distruttivo e costruttivo che potesse costituire la base oggettiva del conflitto della coppia e togliere quelle affermazioni che potessero contenere elementi interpretativi o di giudizio sulla persona (evitando meccanismi di identificazione e/o di alleanza).
Le strategie consulenziali che sono emerse dal gruppo sono state in sequenza :
-           Lavorare sulla comunicazione facendo rispettare la turnazione nel dialogo in modo che entrambi si ascoltino con l’aiuto della riformulazione ( feed back del consulente )
-          Lavorare sul sentire e contattare sensazioni e sentimenti inespressi (metodologia del SOSIA per chi conosce questo tipo di approccio consulenziale in analisi transazionale integrativa) e Ascolto Attivo nella restituzione del consulente.
-          Rilevare aspetti e positività comuni mediante rinforzo positivo con atteggiamento neutrale ed empatico (“entrambi siete OK, collocarsi all’esterno del conflitto”).
-          Aiutare a dare strumenti sulla comunicazione per sviluppare la possibilità della relazione (suggerimenti operativi: evitare le frasi con “ tu sei…, tu devi…” che toccano la persona e compromettono la relazione) in modo che entrambi esplicitino i sentimenti provati nei comportamenti inadeguati e le conseguenze“. Conduzione delle persone verso la comprensione della situazione che stanno vivendo “.
-          Aiutare l’espressione dei bisogni ed esigenze connesse, che sono alla base del conflitto.
-          Formulazione del contratto in base alla scelta dell’obiettivo prioritario e condiviso.
-          Aiutare a strutturare azioni “nella logica della coesione, collaborazione” da effettuare per il raggiungimento dell’obiettivo e trasformare così il conflitto in cambiamento.

GRUPPO N.2
Maurizio Qualiano e MariaAssunta Sforna
Per prima cosa i componenti del gruppo hanno risposto ad una semplice domanda in un rapido brainstorming: Cosa è per te il conflitto?   Risposte:
Palestra di vita
Relazione costruttiva
Accettazione dell’altro
Atteggiamento vitale
Possibilità di crescita
Relazione
Incontro-scontro-confronto
Disarmonia
Possibilità di incontro profondo
Pericolopportunità
Barriera
Scocciatura-opportunità
Fatica
Energia-Vulcano
Rischio-Coinvolgimento
Ostacolo-interiorità
Scontro-finestra
Difficoltà ad esprimere emozioni
Strada tortuosa che apre al cammino
Diversità-possibilità
Bisticcio che sfocia nel rispetto delle  differenze
Rischio-Opportunità.
Esaminando, poi, i comportamenti  del conflitto abbiamo individuato i seguenti elementi distruttivi:
nella coppia: una sorta di circolarità viziosa di comportamenti vittima/carnefice, un’assenza totale della dialettica io/noi, una fuga reciproca e contemporaneamente una marcata complicità nella conflittualità;
in lei: un dominio tenacemente affermato ed una svalutazione aperta di lui, con un approccio IO OK-TU NON OK;
in lui: una passività vittimistica che lo porta ad evitare ogni conflitto ed a ricercare l’accomodamento in una posizione IO NON OK-TU OK. Di lui ha colpito molto la descrizione di persona “disarmante”, che ha posto al gruppo parecchi interrogativi.
Gli elementi costruttivi del conflitto e la ricerca della cooperazione li abbiamo trovati:
in lei: la volontà di fare qualcosa, dare una scossa e decidere di separarsi temporaneamente;
in lui: l’iniziativa di venire in consulenza e la voglia di ricucire le crepe del rapporto;
nella coppia: sono tornati insieme in consulenza dopo la separazione natalizia…
Nel campo degli strumenti e delle strategie da utilizzare abbiamo individuato:
-attenzione al non verbale con cui si sono ri presentati in consulenza ed alle emozioni provate nel periodo di separazione;
-ascolto attivo e riformulazione reciproca dei vissuti per abbassare l’ansia e migliorare la comunicazione;
-approfondire la storia dei singoli per esternarne i bisogni e le aspettative e far prendere contatto con emozioni e sentimenti;
-aiutarli a ridefinire la loro relazione nella consapevolezza del qui ed ora.

GRUPPO N.3
Rosalba Fanelli con Antonella Parisi.
Il gruppo, di cui fanno parte 16 persone provenienti da varie Regioni, esamina prima i profili dei clienti e poi si concentra sulla strategia di coppia..
Profilo del marito
A chiedere aiuto è il marito, che si assume la colpa della situazione in cui si trovano.  Appare persona aperta, sorridente, Insicuro, incapace di tenere l’impegno di un lavoro. E’ in posizione IO NON OK-TU OK. L’atteggiamento è quello del Bambino. Sembra aperto al cambiamento. Aspettative: Ricucire le crepe del loro rapporto e di migliorare la comunicazione tra di loro.
Profilo della moglie
Iperattiva, grande lavoratrice, rigida, svalutante, tendente al controllo, chiusa, in posizione IO OK-TU NON OK, sembra nascondere un profondo dolore e rabbia. (atteggiamento Genitore). Riferisce che litigano su delle sciocchezze e sulle decisioni da prendere in comune, ad es. come ospitare i rispettivi genitori in casa loro per le feste natalizie e che non avendo trovato un accordo le hanno trascorse ognuno con i propri genitori. Aspettative: Che il marito sia meno pigro, e rinunciatario, più attivo…
La coppia
Il soggetto di cui dobbiamo occuparci è la coppia ed è ad essa che va rivolta l’attenzione e l’ascolto attivo. Per capire quali siano i motivi che li hanno condotti in Consultorio e che cosa si aspettano. Abbiamo ascoltato le singole storie, i bisogni, le aspettative le emozioni individuali, poi ci concentriamo sul come e perché si sono scelti e quali emozioni hanno provato in partenza, senza sconfinare nel campo terapeutico. Adottando la tecnica del SOSIA, si spingono i due soggetti a raccontarsi. Questo aumenta la loro consapevolezza e fa proiettare il problema nel momento presente, attivando la loro specifica modalità di comunicazione, in vista di un cambiamento.
E’ necessario aiutare i due a contattare il punto di vista dell’altro per comprenderlo e prendersene cura. Bisogna far sì che le loro parole vengano indirizzate non al consulente ma al partner. Incoraggiando la comunicazione e sottolineando i punti di forza, e sostenendoli nell’acquisto dell’autostima, necessaria al dialogo adulto.
Volutamente, essendo il primo colloquio, non si è indagato su i rapporti con le famiglie di origine e quale influenza esse abbiano sulla coppia, cercando invece di facilitare un rapporto comunicativo tra di loro e dirsi le cose di cui ciascuno ha  bisogno.
(Molto interessante la reazione di un componente il nostro gruppo: nell’affrontare questo caso ha provato una forte emozione perché in famiglia sta vivendo una storia simile. Avverte un conflitto. Se gli si presentasse nella realtà un caso simile dovrebbe  ben valutare se continuare o no l’ascolto, per non proiettare su di esso il proprio vissuto. Riguardo questa circostanza è stato detto che è opportuno passare mano quando si sta vivendo un problema simile).
Far prendere alla coppia coscienza dei propri limiti e sentimenti li aiuterebbe a porsi al di fuori delle parti, a sospendere il giudizio, permettendo la libera espressione dei due ed un vero contatto fra loro ed il consulente.
                                      SECONDO CASO: CONFLITTO IN FAMIGLIA
La consulenza viene richiesta da due coniugi lei di 52 anni impiegata di banca , lui di 56 anni architetto senza lavoro, genitori adottivi di un maschio di 24 anni e una femmina di 20, per gestire la forte conflittualità con la figlia relativamente alle regole da rispettare in famiglia. Durante i primi tre incontri i coniugi descrivono la loro situazione familiare, in cui lei va al lavoro e lui fa il “casalingo” e si occupa della gestione della casa (visto che è senza lavoro). I figli sono stati presi in affidamento quando erano molto piccoli e successivamente adottati. Il maschio ha una sindrome autistica e beneficia di una pensione sociale (considerato invalido all’80%), mentre la femmina, di origine etiope, è molto bella, intelligente e creativa e ha finito le scuole superiori di indirizzo artistico; ora segue a Milano una volta al mese degli stage per truccatrice. Lui si lamenta del fatto che la figlia non rispetta gli orari dei pasti, si alza tardi, poiché spesso fa tardi la sera in discoteca o con le amiche, non collabora in casa nelle faccende domestiche e  si dichiara stanco di mantenerla perché è viziata e fannullona. E’ molto arrabbiato anche con la moglie perché tende a difenderla, e questo lo fa sentire solo e svalutato agli occhi della figlia. Lei, pur riconoscendo che la figlia non sempre collabora e rispetta gli orari, trova  il comportamento del marito eccessivamente severo: è arrivato a mettere un cancello di ferro alla porta della cucina, che chiude a chiave se la ragazza non si presenta a colazione, pranzo e cena all’orario da lui stabilito. Non condivide questo atteggiamento del marito, che le sembra un “regime da caserma” che costringe la figlia a farsi ospitare spesso dalle amiche pur di non sottostare a questo clima di tensione. Vorrebbe un po’ di tenerezza invece di tutti questi giudizi, tenendo conto anche del vissuto di abbandono che entrambi i figli hanno avuto nell’infanzia, crede che con la dolcezza unita alla fermezza si possa dialogare e si lamenta del fatto che le viene chiesto costantemente di scegliere tra lui e la figlia a cui ammette di essere molto legata affermando: “ la sua presenza mi scalda il cuore”. La signora spesso si trova a far da intermediaria tra padre e figlia, che in questo momento non si parlano, e per questo motivo sono venuti in consulenza: lei con qualche speranza di via d’uscita e lui molto scettico e scoraggiato. La consulente familiare nel riformulare il loro vissuto evidenzia che entrambi rimangono su posizioni diametralmente opposte nel descrivere la situazione familiare, hanno punti di vista molto diversi sull’educazione dei figli e fanno molta fatica ad accettare di dialogare per trovare almeno qualche punto d’incontro prima di proporlo ai figli. Come nota positiva rileva l’importanza della loro presenza lì e del fatto che nonostante le difficoltà stanno continuando il percorso. Prima del quarto incontro la CF riceve una telefonata di lei che chiede se all’appuntamento può venire con sua figlia invece che con il marito visto che lui è scettico sul percorso.
 GRUPPO n.4
Anna Trupo con  Marco Gennamari
Per prima cosa ci siamo interrogati sulle emozioni e quindi sull’empatia che ci ha rimandato il caso e, ovviamente, sono emersi diversi modi di “sentire”  lo stesso racconto.
In seguito è stata utilizzata la griglia di lavoro proposta per facilitare l’individuazione degli elementi distruttivi e costruttivi nel conflitto in esame.
Tra gli elementi di conflitto distruttivo sono stati analizzati e condivisi:
la tendenza all’autoesclusione del cliente, una forma di chiusura distruttiva verso la famiglia di appartenenza e la scuola, una femminilità negata, un forte cambio di ritmo nel parlare dal loquace al mutismo ed infine una forte presenza di pregiudizi.
I benefici ricercati dalla cliente potrebbero essere: richiamare l’attenzione in una famiglia molto concentrata sulla malattia della madre, forse far star male il padre, una lotta contro il mondo visto dall’abbigliamento militaresco e i capelli di un rosso vistoso, una negazione però dei bisogni, la deresponsabilizzazione e un generale rifiuto delle regole.
La posizione di approccio dell’io scelta è stata IO NON OK – TU NON OK.  
La chiusura della ragazza è favorita forse dal clima familiare molto attento ai sintomi, attacchi di panico e insonnia, mentre poco interessato alle reali cause scatenanti i sintomi stessi.
Mentre tra gli elementi costruttivi sono stati rilevati l’accettazione del contratto di consulenza, l’assunzione di responsabilità per prendersi cura di se stessa e la congruenza tra il look e il disagio personale.
Nei “benefici dell’altro” ci siamo domandati (da non porre al cliente); “Come si vede o si sente percepita dagli altri?”, e ancora, “Come posso aiutarla ad esprimere le proprie emozioni?”.
Per tendere all’approccio “IO OK – TU OK” forse il percorso potrebbe essere: imparare a mettersi nei panni dell’altro, e in particolare del padre e delle altre figure genitoriali (come i professori) .
Come “clima aperto e comunicazione di supporto” si sono considerati due aspetti positivi che la ragazza porta in consulenza e che si potrebbero rinforzare. Il primo riguarda  il forte bisogno di amicizia ed il secondo la storia d’amore che vive da 4 mesi con un ragazzo.
Riguardo l’aspetto: “critica costruttiva principale e ascolto attivo” è stata condivisa l’importanza della “consapevolezza del proprio comportamento e  il rispetto delle regole”.
Infine sulle emozioni ci siamo resi conto che quelle negative possono essere riutilizzate in modalità positiva anche perché qui sembra di essere alla presenza di un caso di una forte negazione delle stesse. C’è anche chi ha affermato che forse manca un bel pianto liberatorio rispetto al lutto familiare in sospeso e non elaborato.
GRUPPO N.5
Renata D’Ambrosio con Laura Colferai.
Il caso ci è stato presentato come conflitto a livello famigliare. Così  veniva dichiarato dai due coniugi che si presentano al consultorio, ma quasi tutti, fin dall’inizio, lo abbiamo sentito come un conflitto di coppia latente, forse da molto tempo.
Sentivamo il bisogno di avere più informazioni, anche dal punto di vista dei messaggi non verbali, ma Renata ci ha fatto focalizzare l’attenzione sulle sensazioni che il racconto aveva provocato in ciascuno di noi.
Abbiamo concordato sulla necessità di lavorare sui vissuti intrapersonali di ciascuno dei due coniugi ipotizzando la frustrazione di lui, costretto a non svolgere la sua professione di architetto per diventare il casalingo che prepara i pasti e pretende che siano consumati assieme, mentre la figlia si oppone a queste regole e lo esaspera al punto che lui decide di porre un cancello di ferro che chiude a chiave passata l’ora canonica dei pasti. Questo cancello riportava un valore simbolico molto forte: era stato fatto per chiudere fuori la figlia, ma, di fatto, aveva chiuso il padre in una gabbia-prigione che richiamava l’autismo di cui soffre il figlio. Ci è tornato alla mente il bimbo che grida e piange, di cui ci aveva parlato il prof. Simeone nella sua bella relazione. Questo padre gridava il suo dolore in un modo particolare e avrebbe avuto bisogno, come il bimbo, di sentirsi compreso, non più solo ed escluso dalla moglie.
 Il lavoro del consulente avrebbe potuto essere quello di fargli sentire la sua comprensione per favorire la comprensione della moglie che sembrava giudicante e manipolativa. 
Molte le emozioni suscitate dal racconto in ciascuno di noi che ci hanno fatto riflettere sulle emozioni vissute dai due coniugi e che non venivano raccontate, di qui la necessità di farle emergere in consulenza per favorire una comprensione tra loro.
Abbiamo riflettuto sul fatto che a volte l’agito (in questo caso l’atteggiamento duro e dominante del marito) vuole compensare il vissuto interiore di insoddisfazione e svalutazione.
Siamo poi passati a considerare la richiesta telefonica  della moglie di non ritornare in consulenza col marito ma con la figlia, contravvenendo così alle regole del contratto che a quel punto delle consulenze doveva già essere stabilito.
 In questi casi, si è detto, è sempre meglio cercare di far rispettare le regole, in particolare se il richiedente sembra voler manipolare il consulente stesso. In questo caso poi il dirottamento avrebbe potuto nascondere da parte della signora il desiderio di evitare il vero conflitto.
 Questo tipo di richiesta può far entrare in conflitto il consulente con l’utente. Se poi si appurasse che veramente uno dei due è scettico sul tipo di lavoro proposto o si sente costretto dal coniuge a partecipare, sarebbe necessario valorizzare la sua presenza e la costanza nel proseguire.
L’esperienza consultoriale di alcuni dei partecipanti ha indicato come opportuno a volte un colloquio separato dei coniugi specialmente se si ha il sentore che in presenza dell’altro non riesca ad essere completamente libero di raccontarsi.
Una volta di più, abbiamo notato come sia utile l’équipe che ci permette di osservare una situazione sotto diverse angolature che ampliano la visione e ci arricchisce di sensibilità diverse. A questo proposito è stato molto utile il riferimento al gruppo-équipe fatto nella relazione e alla conflittualità che anche in quell’ambito può nascere.


 TERZO CASO: CONFLITTO ADOLESCENTI CON GENITORI ED INSEGNANTI
La consulenza viene richiesta da una ragazza di 16 anni accompagnata dal padre che autorizza il percorso e firma per lei il contratto di consulenza e consenso informato. Al primo incontro D. si presenta in ritardo e con un atteggiamento provocatorio alternando momenti di loquacità e di mutismo passando da un argomento all’altro senza un apparente filo logico che spieghi il perché della richiesta di consulenza. Ha un aspetto fisico molto avvenente ma lo nasconde dietro un abbigliamento tipo militare con pantaloni mimetici e golf molto abbondanti di tipo maschile. Ha i capelli tinti di un vistoso rosso amaranto.
Salta il secondo incontro e fa chiamare dal padre per chiedere scusa e la consulente lo invita a non sostituirsi alla figlia ma a dirle di  telefonare direttamente per riprendere un appuntamento, cosa che avviene. Al terzo incontro si presenta puntuale e inizia a raccontare qualcosa di sé: è la prima di tre figli, due femmine e un maschio, e la madre è morta quattro anni fa a seguito di un tumore che si è manifestato quando lei aveva tre anni. Frequenta il liceo artistico e nonostante lo ha scelto lei ed ha delle doti artistiche, non studia  e fa frequenti assenze per attacchi di panico e per insonnia. Dice che in classe è isolata e non riesce ad inserirsi nel gruppo di compagni che la considerano strana sia per come si veste sia per il carattere. Dice di voler  tanto far parte del gruppo, essere cercata come amica, o notata per doti artistiche ma visto che non accade preferisce rinunciare per prima isolandosi e facendo finta di fregarsene, in realtà ci soffre molto. 
Ha un rapporto molto conflittuale con suo padre e con alcuni insegnanti che a suo dire non credono al suo malessere e la giudicano fannullona e scansafatiche , una che fa la “furba”. Si lamenta del fatto che suo padre non la considera matura ed affidabile quindi le vieta molte cose  come le chiavi della sua camera dove si chiude quando è arrabbiata,  il motorino, stare con le amiche o studiare e dormire a casa loro mentre concede queste cose a suo fratello che è  più piccolo. Ha un fidanzato da circa quattro mesi e dice di vivere un’esperienza molto bella anche se ha molta paura di perderlo anche a causa del fatto che il padre non le consente di uscire come vorrebbe. Spesso sogna di andarsene di casa, fuggire, anche se poi ci ripensa e dice che senza la sua famiglia non potrebbe resistere. Successivamente D. racconta di essere stata in terapia da una psichiatra per più di un anno, scelta dalla sorella di sua madre, che ha suggerito di farla vivere per un periodo a casa con la nonna materna per alleviare la conflittualità tra padre e figlia. Per un po’ ha provato a fare quest’esperienza ma a suo dire non ha funzionato ed è tornata a casa, poi ha smesso di andare alle sedute perché sentiva la terapeuta troppo direttiva e che voleva fare “la mamma”. Si definisce spesso confusa e non sa bene cosa vuole sa solo che si sente spesso senza la terra sotto i piedi soprattutto da quando suo padre la minaccia dicendo che se non si comporta bene la dà in affidamento ad una famiglia più capace di lui a gestirla ……
 GRUPPO N.6
Raffaello Rossi con Paolo Perelli
Attraverso un brainstorming, ciascun componente del gruppo è stato invitato a riportare gli elementi della storia che più lo hanno colpito.
È stato evidenziato che la ragazza procede per contrapposizioni, che abbiamo riportato organizzandole intorno al nucleo FIDUCIA e IDENTITÀ in riferimento al contesto familiare:
- invisibile/appariscente: la ragazza non si sente vista per ciò che è, in riferimento alle sue doti artistiche. Vorrebbe essere cercata come amica, mentre il gruppo la giudica “strana”. Viceversa, si veste e si trucca in modo appariscente;
- autonomia/dipendenza: chiede autonomia al padre, che la giudica poco affidabile, le nega la chiave della camera, l’uso del motorino, la limita nella frequentazione delle amiche e del fidanzato. Viceversa, si sente confusa e vuole tornare a casa dopo un periodo presso la nonna materna;
- andare/restare: sogna di fuggire ma poi ci ripensa.
Manca una base sicura, un tutore di resilienza, per cui la ragazza avverte che le “manca la terra sotto i piedi”. Ha tuttavia la consapevolezza di voler cercare la base sicura in famiglia, rifiutando la nonna e la psichiatra che “voleva fare la mamma.”
Nel suo vissuto sono inoltre presenti i trigger tipici delle dinamiche adolescenziali: critica, giudizio, spinta, oppressione, scatenati dal padre e dagli insegnanti.
Tutto ciò dà luogo ad emozioni di compensazione che coprono le emozioni di flusso: da una parte rabbia, impotenza, evitamento, confusione; dall’altra dolore, in particolare il bisogno di elaborare il lutto. 
Padre e figlia hanno problemi simili: anche il padre ha bisogno di elaborare il lutto e prova un sentimento di inadeguatezza, espresso nella minaccia di darla in affidamento a “una famiglia più capace di me.”
In un secondo brainstorming sono state elaborate le ipotesi di intervento: il consulente può anzitutto rimandare un RICONOSCIMENTO alla ragazza per come è, rimanendo nell’INDUGIO per prendere contatto con il dolore.
È importante anche che il consulente espliciti la rassicurazione che non prenderà il posto della madre.
Successivamente sarà possibile effettuare un inserto educativo mostrando alla ragazza il bisogno del padre e facendole prendere coscienza che la distanza che li separa è minore di quanto sembri.
Per procedere verso il superamento del conflitto sarà utile a questo punto il coinvolgimento del padre secondo le modalità che risulteranno più opportune.
La visibilità ottenuta e la presa di coscienza dei bisogni del padre apriranno la strada alla liberazione della cooperazione da parte della figlia.
 GRUPPO N.7
Stefania Sinigaglia con Tonia di Pierino
Dopo un rapido giro di presentazioni ci siamo addentrati nel vivo dell’attività laboratoriale. Arricchiti dai numerosi stimoli offerti dalla relazione del prof. Simeone, abbiamo a “smontare” il conflitto descritto nel caso assegnato, per scoprire i bisogni che ad esso erano sottesi. Sono state considerate le istanze di ciascuno dei  personaggi, partendo dall’assunto che il conflitto ha la caratteristica della reversibilità ed è esso stesso espressione di una relazione coinvolgente. In cui, anche se in modo non funzionale, l’uno ha profondo interesse per l’altro e una possibile soluzione è ravvisabile proprio nel sapersi coinvolgere in modo adeguato nella relazione, trovando in sè le risorse per uscire dal conflitto.  I membri del gruppo sono stati stimolati ad individuare i bisogni che portavano la protagonista ad adottare comportamenti e scelte disfunsionali, cercando di leggere ciò che c’era dietro gli eventi narrati, e di conseguenza a focalizzare gli elementi distruttivi e costruttivi del conflitto.
E’ stato evidenziato come l’atteggiamento provocatorio e di sfida della ragazza assunto sia nei confronti degli adulti (padre/insegnanti/consulente) sia dei pari,  nascondesse oltre ad insicurezza, un bisogno profondo di essere “vista”,  quindi riconosciuta e accettata nella sua individualità. Nello specifico di adolescente alla ricerca di figure di riferimento solide, in grado di contenere le sue incertezze, ansie e contraddizioni. Infatti nel momento in cui ha incontrato una figura adulta e congruente (la consulente familiare) che le ha fatto percepire accettazione incondizionata, ascolto, attenzione, cura e fiducia nelle sue capacità, il suo comportamento competitivo (io ok - tu non ok) è cominciato a trasformarsi in cooperativo (io ok - tu ok). Dall’iniziale clima chiuso caratterizzato da una comunicazione sulla difensiva si è passati ad un clima aperto dando vita ad una comunicazione di supporto.
Il gruppo poi è stato sollecitato a mettersi nella prospettiva del CF e considerare come avrebbe potuto elaborare gli elementi del conflitto e restituirli in modo diverso, accrescendoli di senso e di significato, riducendo gli elementi distruttivi e incrementando quelli costruttivi. Calandoci nella situazione socio- familiare  della nostra adolescente, ci si è interrogati su come accompagnarla a riconoscere il conflitto, a dargli un nome, a prenderne coscienza, ad imparare a “stare” nel conflitto per identificare i fattori che sono in gioco e di conseguenza, acquisire flessibilità per poter integrare prospettive diverse . Le diverse ipotesi elaborate, sono poi state sintetizzate attraverso  l’individuazione di nuclei – chiave come riportato nello schema, dove sono indicati,  immediatamente collegati gli elementi essenziali del percorso di consulenza e propedeutici al raggiungimento degli obiettivi.
 
CONCLUSIONI
 Come avete potuto notare i gruppi hanno lavorato con competenza ed impegno producendo riflessioni e soluzioni molto interessanti e valide per la gestione costruttiva del conflitto. Anche il prof Simeone ha espresso sincero apprezzamento per la professionalità e l’impegno dei Consulenti familiari affermando che :” è rassicurante pensare che le persone che hanno bisogno di aiuto possono trovare Consulenti familiari così preparati che li accolgono”. La presidente ha concluso la giornata regalando a tutti una toccante poesia tratta dal libro sulla comunicazione non violenta: le parole sono finestre ( oppure muri). Introduzione alla comunicazione nonviolenta di Marshall B. Rosenberg     

LE PAROLE SONO FINESTRE (OPPURE MURI)
Di Ruth Beermeyer.
 
Mi sento così condannata dalle tue parole,
mi sento giudicata e allontanata,
prima ancora di aver capito bene.
Era questo che intendevi dire?

Prima che io mi alzi in mia difesa,
prima che parli con dolore o paura,
prima che costruisca un muro di parole,
dimmi, ho davvero compreso bene?

Le parole sono finestre, oppure muri,
ci imprigionano o ci danno la libertà.
Quando parlo e quando ascolto,
possa la luce dell’amore splendere attraverso me.

Ci sono cose che ho bisogno di dire,
cose che per me significano tanto,
se le mie parole non servono a chiarirle,
mi aiuterai a liberarmi?

Se sembra che io ti abbia sminuito,
se ti è parso che non mi importasse,
prova ad ascoltare, oltre le mie parole,
i sentimenti che condividiamo.

BIBLIOGRAFIA

Abbracci e litigi. Educazione ai rapporti per bambine e bambini dai 2 ai 6 anni di Novara Daniele, EGA, Torino 2004

 -L’ascolto si impara. Domande legittime per una pedagogia dell'ascolto di Novara Daniele, EGA, Torino 2005
 Gestione dei conflitti e mediazione
interculturale a cura di Portera Agostino e Dusi Paola, Franco
Angeli, Milano 2005
 La grammatica dei conflitti Daniele Novara Sonda 2011
Novara, D., Passerini, E., Ti piacciono i tuoi vicini? Manuale di educazione socioaffettiva, Edizioni Gruppo Abele.
 Novara, D. (a cura di), Io non vinco. Tu non perdi. Un Kit per promuovere l'educazione alla pace e la gestione dei conflitti tra i ragazzi, UNICEF, 2004
Euli-Sechi-Soriga, 
 L’ascolto costruttivo Raffaello Rossi EDB 2002
 La consulenza educativa. La dimensione pedagogica della relazione d’aiuto. Domenico Simeone Vita e Pensiero 2002
Viviana     A. Benci Analisi Transazionale e Gestione dei Conflitti .Dallo scontro  all'incontro: modelli e strumenti- Xenia editori 2009
 Costruire la nonviolenza. Per una pedagogia dei conflitti
di Pat Patfoort La Meridiana 2000
Benci, V., Buccioni, I. (cur.), Cultura della pace e gestione dei conflitti interpersonali, ed Aracne
 Cheli, E., Relazioni in armonia, ed. FrancoAngeli
Gordon, T., Genitori efficaci, La Meridiana
Gordon, T., Insegnanti efficaci, La Meridiana
 Rosenberg, M., Le parole sono finestre; oppure muri, ed. Esserci.

SCHEDA DI OSSERVAZIONE SUL CONFLITTO
Individua nel dettaglio gli elementi distruttivi e costruttivi nel caso ascoltato

Elementi del conflitto distruttivo
Indicatori individuati nel caso
Elementi  del conflitto costruttivo
Indicatori individuati nel caso
Comportamento competitivo : tende a stimolare una risposta competitiva;
rischia di trasformare il conflitto in qualcosa di distruttivo

Comportamento cooperativo :tende a stimolare una risposta cooperativa; mette le premesse per la
soluzione/trasformazione del conflitto, per un suo esito costruttivo

Attenzione ai benefici del singolo

Attenzione ai benefici dell’altro o del  gruppo



Approccio "io ok-tu non ok" 
“io non ok- tu non ok”




Approccio"io ok –tu ok" 



Clima chiuso e Comunicazione sulla difensiva


Clima aperto  e Comunicazione di supporto




Critica distruttiva, non ascolto





La critica costruttiva, Ascolto attivo   


Le emozioni negative nel conflitto esplicite o negate



Le emozioni positive nel conflitto esplicite o negate


Come puoi aiutare a ridurre gli elementi distruttivi e incrementare quelli costruttivi?